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Fieri di Benedetta, i medici non volevano farla nascere

"Ciao Benedetta, la tua famiglia è fiera di Te". Mettere alla luce un bimbo, pur sapendo che deve morire ha un senso, significa donargli la dignità di essere umano.

Una mamma racconta, in una testimonianza al sito Tempi, la routine ipocrita della legge 194. La storia di una figlia che "per i medici era già morta", ma non per i suoi genitori: quando un figlio è malato "partorirlo significa donargli la dignità di essere umano, con un nome e un’identità, anche se per poche ore". Quella di Concetta è  la testimonianza vivente che il bambino concepito è un figlio, un essere umano, uno di noi.

Una gravidanza, come a volte capita, rattristata da una diagnosi che da il via all'iter dell'aborto terapeutico. Poi "la prima luce accesa" proprio nel luogo dove non c'era niente di umano. L'ipocrisia dei medici e poi la decisione "Io non lo farò mai, e non perché sono cristiana, ma perché sono un essere umano".

E da qui inizia la felicità, l'infermiera incredula: "Alzò la mia cartella clinica e chiamò le altre infermiere «Mallitti è venuta a ritirare la pratica! Avete capito, Mallitti ritira la pratica», poi a me: «Brava fai fare alla natura!» ". Alla fine le parole del ginecologo  «Quando ti ho operata e ho preso il viso di tua figlia tra le mani, ho pensato che non avevo mai visto una bimba così bella».

Non solo vi chiediamo di leggere fino all'ultima riga questa testimonianza, ma anche di farle fare letteralmente il giro del mondo. Di questo mondo ipocrita e cieco all'amore, ma prima ancora all'umanità: per gridare, anche per chi non ha voce, la dignità inviolabile della vita umana.

Leggi di Più: Aborto. L'ipocrita routine della legge 194 | Tempi.it
 
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