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Il vizio della "pochezza".

Quando la "regola del poco" ci condanna all'indiffirenza.

Voglio parlarvi di un vizio nuovo: la “pochezza”. Nonostante siamo stati tutti sedotti dal motto di Steve Jobs secondo cui “less is more” - letteralmente “il meno è di più" -  ci sono alcune situazioni in cui il di più è decisamente meglio. Situazioni in cui le semplificazioni non sono altro che una mortificazione e il risparmio di parole, di tempo sono la spia d'allarme dell’indifferenza.

Quali sono le situazioni che richiedono questo “di più”? Tutte quelle in cui abbiamo a che fare con le persone, soprattutto quando vogliamo aprire un dialogo: ogni persona è un universo. Ridurre al "poco" una relazione tra due persone è davvero un peccato, uno spreco, un vizio, chiamatela come volete; è la pochezza appunto. Come se dare “poco” fosse la soluzione esistenziale per la crisi.

La “pochezza” abbonda, neanche a dirlo, sulla bocca di quanti vogliono sminuire la persona e con essa le relazioni umane. Come prevedibile la pochezza regna incontrastata laddove si vuole addirittura cancellare la persona. Eccovi un esempio: un sito che si taccia di aiutare le mamme in difficoltà, dovremmo cioè aspettarci una relazione d'aiuto. Ma tanta è la pochezza che la richiesta di sostegno è liquidata in un “ti serve questo? È lì”... Se lo stile significa qualcosa, questo è l’incarnazione perfetta della minimalità. Per la cronaca si tratta di un sito abortista, che non smentisce la nostra ipotesi sulla “pochezza” di chi vuole cancellare la vita. Si tratta di una caratteristica di tutte le posizioni di propaganda che si preoccupano più dell’affermazione del "diritto all’aborto" che delle reali difficoltà delle donne. Altrettanto banalmente non ci si preoccupa del fatto che l’aborto è tutto tranne il miglior aiuto possibile.

Ma come si può dire “poco” e pretendere di conoscere la persona? Dare “poco” e affermare di aiutare? La pochezza è il primo campanello di allerta per capire le reali intenzioni di chi incontriamo. Al contrario chi difende la vita non può che fare “voto di vastità”, per dirla con Begonzoni. Chi ama la vita fugge le formule e dialoga con le persone, le aiuta, scende a fondo nei problemi, si impegna nella comprensione, dona tanto, altro che poco, spesso dona tantissimo! D’altronde quale bioetica personalista sarebbe credibile senza la persona? Proprio come afferma Papa Francesco è partendo dalla “proposta che poi vengono le conseguenze morali”.

(giovani prolife/TE)

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