Il business degli aborti non paga. Merito delle associazioni prolife americane che hanno intelligentemente spinto per delle revisioni di legge che, all’apparenza sarebbero potuti sembrare dei compromessi, ma in realtà hanno fortemente inciso sul numero degli aborti praticati.
I numeri di questa perdita sono riportati da Tempi.it: “secondo l’agenzia Bloomberg, in circa tre anni, negli Stati Uniti hanno chiuso i battenti 59 cliniche (una su dieci), e il Guttmacher Institute ha calcolato che nel primo decennio del 2000 i centri sono passati da 705 a 591. Un processo che dal 2011 ha indubbiamente subìto un’accelerazione, in virtù delle 200 restrizioni all’aborto passate attraverso i diversi parlamenti statali. In soli due anni, si è registrato un numero di chiusure superiore alla metà di quello del decennio precedente. Non solo: il mese prossimo in Ohio e in Texas altri provider abbasseranno le saracinesche”.
Dura lex sed fuit lex. I prolife hanno portato avanti una azione di lobby proprio nei confronti della giurisprudenza, che ha portato a buoni risultati. Si pensi al caso del Texas, dove, a luglio, è stata varata una legge che ha impedito l’aborto oltre la ventesima settimana e ha imposto alle cliniche e ai centri in cui si pratica l’aborto di adeguarsi agli standard richiesti alle strutture ospedaliere in cui si pratichino interventi chirurgici. Processo simile in Virginia, dove sono state applicate norme simili a quelle texane, con il risultato della chiusura di due cliniche; in Arizona, in Michigan e in North Carolina.
Si è arrivati alla chiusura di 59 cliniche americane. Certo, hanno influito su questa anche i processi e le denunce che si sono verificate negli ultimi tempi e che hanno mostrato la violenta realtà dell’aborto a un’opinione pubblica che ignorava l’argomento, come anche l’obbligo, introdotto in alcune legislazioni statali, di fare l’ecografia prima di ogni intervento: secondo un sondaggio di Focus on the Family, il 78 per cento delle donne che si sono sottoposte agli ultrasuoni ha deciso di proseguire la gravidanza.
Pare che per una volta, quello americano sia un buon esempio da seguire. Voler ottenere un risultato immediatamente spesso ci porta ad adottare tecniche affrettate e inaccettabili ai più. Ma fare il giro lungo, e cercare di guadagnare terreno, pezzo per pezzo, sta iniziando a portare i suoi risultati. E la comunicazione positiva riveste sempre un ruolo centrale: pensate che se alle donne fosse stato mostrato un feto abortito al posto dell’ecografia si sarebbe ottenuto lo stesso risultato? No, perché il linguaggio della vita è un linguaggio di gioia, ed è l’unico che arriva ai cuori e alle coscienze di tutti.
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