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L’aborto che viene dal mare.

L’iniziativa viene da un ambientalista di Greenpeace.

C’era una volta il movimento ambientalista dialogante, che non aveva paura di confrontarsi con l’ecologia umana. Quella incarnata dall’attivista Alex Langer quando affermava “il verde non passa per la cruna dell’ago rosso”  e dava il suo sostegno alla  “Istruzione Ratzinger”. Quella che per dirla con le parole dello stesso Benedetto XVI “ deve difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l'uomo contro la distruzione di se stesso” (CV 51).

Cosa è successo? Nel tempo il movimento ecologista si è spostato sempre più a sinistra, obbedendo a un copione già previsto da Andreotti il quale ironizzava “i verdi sono come i pomodori, col tempo diventano rossi”. Il “red-shift”, lo spostamento verso il rosso, non è solo un fenomeno nostrano. Ce lo conferma l’ultima iniziativa di Rebecca Gomperts, già attivista di Greenpeace: Women on Waves.

Lo scopo di WoW è diffondere nel mondo il “diritto all’aborto”. La tecnica ha del paramilitare: l’associazione ha trasformato una imbarcazione in un centro per aborti off-shore. Prima le femministe sensibilizzano la nazione obiettivo, solitamente scelta tra quelle in cui l’aborto è ancora vietato, poi l’imbarcazione attracca, carica le gestanti e raggiunge le acque internazionali dove viene somministrata la pillola RU489. Sulla barca sventola la bandiera dell’Olanda, dunque in acque internazionali risponde alla legislazione olandese che permette l’aborto.

Fortunatamente gli approdi di WoW non sono sempre fortunati.  È passato alla cronaca il tentativo di attracco in Portogallo. Il governo portoghese rispose inviando addirittura due navi da guerra contro l’imbarcazione per impedirne l’arrivo al porto di Figueira da Foz. Tuttavia il governo successivo permise alla WoW di portare a termine la sua tetra missione. L’associazione sta ora passando dalle onde alla rete attraverso la campagna Women on Web, che fornisce via internet le istruzioni alle donne per l’ “aborto in casa”, con tanto di guida per il mercato nero di eventuali farmaci illegali nel paese di residenza.

Cosa penserebbero i primi ecologisti convinti che “nessun uomo può pretendere di decidere l'origine e il destino degli uomini” oltre all’ “implicita affermazione del senso del limite come essenziale a uno sviluppo non distruttivo ma equilibrato delle possibilità umane”. Ci auguriamo che l’ambientalismo e le associazioni in cui tanti si prodigano per il rispetto della natura non dimentichino mai che il rispetto dalla natura non può che passare dal rispetto dell’uomo, degli indifesi, dei poveri. Ricordiamoci allora che il “più povero dei poveri” è il bambino non ancora nato come amava ripetere Madre Teresa.

(giovani prolife/TE)

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