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La Cina dice basta al controllo delle nascite.

Oggi la storica decisione del partito: in futuro abolizione della legge sul figlio unico.


Il comitato permanente (plenum) che guida il governo riunito a Pechino ha annunciato, insieme a maggiori aperture economiche, la abolizione della legge sul figlio unico. Una legge al centro di numerose denunce da parte delle organizzazioni prolife, oltre che da alcune ONG particolarmente sensibili. "Wan, xi, shao" era lo slogan del programma nazionale di controllo sulle nascite: “fare figli più tardi, con intervalli più lunghi e in numero inferiore". Negli ultimi anni, da un semplice invito si è passati ad una vera e propria imposizione riconosciuta legalmente.

La “campagna pubblicitaria”  della Politica del Figlio Unico, divenuta normativa ufficiale dal 2001, dice: “La tua casa sarà distrutta se non pratichi l’aborto”. Il controllo sulle nascite, fatto allo scopo di fronteggiare il forte aumento demografico impone alle coppie ad avere un solo bambino (per saperne di più puoi leggere questo articolo). L’aborto non è solo consigliato: numerosi sono infatti i casi di interventi più o meno diretti con conseguenze devastanti oltre che in palese violazione dei diritti umani. Lo afferma l’attivista Reggie Littlejohn,del “Women’s Rights Without Frontiers”, raccontando le storie di tante donne cinesi che dopo l’aborto hanno tentato il suicidio, fra cui quella di Zeng Lili.

Tutto inizia quando a Zeng arriva una notifica dall’ufficio di pianificazione familiare: il bambino che aspetta è il secondo. La scelta viene lasciata al capofamiglia: abortire o pagare una multa salatissima. Lui decide per l’aborto: Zeng è costretta a subire un aborto al nono mese e a vedere il bambino sopravvivere nella sofferenza inflittagli per qualche momento e poi morire. Littlejohn racconta che Zeng ha tentato il suicidio per ben tre volte, non riuscendo a sopportare il dolore della violenza inflittagli e non si tratta di un caso isolato (ne abbiamo parlato in questo articolo).

L'indicazione lanciata oggi dal “Plenum” comunista è di portata storica: è la prima volta dal ’79 che si mette in discussione la Politica del Figlio Unico. Probabilmente non si tratta di una svolta umanitaria ma di un preciso segnale politico oltre che di una esigenza economica: l’apertura cinese ai mercati da una parte può sostenere le nuove nascite, dall'altra ha bisogno di una maggiore domanda interna che può venire solo da un numero crescente di cittadini. L'annuncio odierno non porta con se effetti immediati, i tempi della politica cinese sono lunghi e i programmi decennali, ma rappresenta indirettamente un importante cambiamento culturale: Adam Smith oggi potrebbe dire che la "mano invisibile" che guida l'economia è prolife.

(Giovanna Sedda)




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