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Il processo alla RU486

In Oklahoma la legge che limita il ricorso alla pillola abortiva, sul modello proposto dai prolife, è al centro di un acceso scontro giudiziario. A giugno la Corte Suprema federale ha chiesto di rivedere il giudizio che ha sospeso la norma riaprendo il processo alla RU486.

Alla prima occasione per confrontarsi con la costituzionalità della regolamentazione sull’aborto farmacologico, la Corte Suprema degli USA ha ordinato alla Corte Suprema dell’Oklahoma di fornire ulteriori indicazioni a riguardo della legge appena entrata in vigore nello stato. L’Oklahoma infatti ha adottato una legislazione basata sul modello proposto dall’ associazione prolife “Americans United for Life's” che va sotto il nome di "Abortion-Inducing Drugs Safety Act".

La presidente di AUL, la dott.ssa  Yoestha, ha affermato in un'intervista: “Gli aborti chimici sono pericolosi. Sappiamo che delle donne sono morte dopo la somministrazione dei farmaci in modo non regolamentato”. Non solo... “i rischi per la salute delle donne derivanti dalle pratiche ancora poco regolamentate necessitano di essere posti al centro della discussione sull’industria dell’aborto. La corte Suprema ha compiuto un primo passo verso la protezione delle donne e delle ragazze dal disprezzo per la loro salute da parte dell’industria dell’aborto”.

La Food and Drug Administration, dal canto suo, parla di oltre 2000 casi di gravi complicazioni dal momento a partire dall’approvazione della RU486 appena tredici anni fa. Di questi casi 14 decessi sono direttamente imputabili alla pillola abortiva. Nonostante questa evidenza l’industria aveva risposto ricorrendo alla prima versione della legge appena prima dell’entrata in vigore, bel 2011 ottenendone la sospensione, con un giudizio della Corte Suprema statale nel dicembre 2012.

AUL non solo aveva fornito il modello legale, ma  è stata attivamente coinvolta nel dibattimento legale sin dal suo inizio. Nell’aprile del 2013 l’associazione ha depositato una propria memoria presso la Corte Suprema sostenendo che lo Stato ha perseguito un suo legittimo interesse agendo in tutela della salute e della sicurezza delle donne. Non solo per AUL la Corte ha anche fallito nel rispettare la giurisprudenza precedente della Corte Suprema federale. Il dibattimento è lontano dalla conclusione, soprattutto ora che la Corte Suprema degli USA ha resettato il pronunciamento dell'omologa locale, e i prolife americani non hanno alcuna intenzione di abbandonare la battaglia.

Fonte: AUL


 
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