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Mio fratello (cinese) è figlio unico

Aborti forzati, sterilizzazioni e abusi, è la politica del figlio unico in Cina. Un sistema feroce che da trent'anni alimenta il traffico di organi, la schiavitù sessuale e la discriminazione delle donne.

"Wan, xi, shao" era lo slogan del programma nazionale di controllo sulle nascite della popolazione cinese del 1979. Con esso il governo invitava a fare figli "più tardi, con più lunghi intervalli e in numero inferiore". Negli ultimi anni, da un semplice invito si è passati ad una vera e propria imposizione riconosciuta legalmente in tutto il territorio nazionale (ad esclusione di Hong Kong e Macao), la cui attuazione è stata prolungata per circa un altro decennio.

La “campagna pubblicitaria” a favore della Politica del Figlio Unico, divenuta normativa ufficiale dal 2001, ora dice: “La tua casa sarà distrutta e le tue mucche portate via se non pratichi l’aborto”. Il controllo sulle nascite, fatto allo scopo di fronteggiare il forte aumento demografico ed assicurare il benessere economico del Paese, limita le coppie ad avere un solo bambino. 

Fanno eccezione le famiglie delle zone rurali e le minoranza etniche, alle quali è permesso averne un secondo a condizione che il primogenito sia una femmina e purché vengano pagate onerose tasse. Molte associazioni internazionali, dissidenti politici e attivisti cinesi, come Chen Guangcheng, si sono battuti contro la campagna di aborti forzati imposta dal regime cinese: un “abuso di potere” che negli ultimi quarant’anni ha permesso che venissero praticati più di 330 milioni di aborti e circa 200 milioni di sterilizzazioni. 

Sebbene abbia un peso più che rilevante, l’imposizione del governo cinese non è però l’unica molla a permettere il proseguimento di questo fenomeno. In alcuni casi, infatti, l’aborto è dettato da scelte individualistiche di una società che vive un progressivo aumento del benessere. Infatti, seppur la legge cinese proibisca l'uso della tecnologia per l'identificazione del sesso del feto per scopi non medici e l'interruzione volontaria della gravidanza a scopo di discriminazione sessuale, sempre più famiglie ricche optano per l'aborto selettivo fino al concepimento del tanto desiderato figlio maschio. 

Nelle zone più povere, in cui non si dispone di sufficienti risorse finanziare per sostenere le spese mediche, la nascita del bambino viene nascosta al governo e, nel caso in cui il figlio nato sia una femmina, si ricorre all'abbandono, alla vendita o, nel peggiore dei casi, all’uccisione. E’ dunque facile dedurre che tra le conseguenze date dall’aborto vi sono anche numerose altre violazioni dei diritti umani e gravi problemi sociali, economici e politici che interessano il traffico della vendita di organi, la generazione dei "bambini fantasma" costretti a condurre una vita nell’anonimato, senza poter accedere all’istruzione e poter avere alcun diritto e aspetti più prettamente demografici come il disequilibrio e l’invecchiamento della popolazione.

I conseguenti problemi sociali, invece, includono la schiavitù sessuale e la salute delle donne in attesa del secondo figlio che, non potendo accedere alle cure mediche di cui necessitano per timore di dover pagare al governo una cifra che non potrebbero permettersi o per timore di vedere il figlio nel loro grembo ucciso (non importa a che mese di vita si trovi), scelgono di rinunciarvi compromettendo la vita di entrambi.

(Giovani Prolife/Antonella Sedda)

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