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Fecondazione eterologa: che diavolo succede?


Un piccolo vademecum nel caso non sappiate cos'è l'eterologa e cosa sta accadendo in Italia


Il mondo prolife è sconvolto, in questi giorni, da un uragano che ci ha invaso. L'ingresso prepotente della fecondazione eterologa in Italia. 

Si sta scrivendo molto sul tema: ma non abbastanza, e non abbastanza bene. 
Però si tratta di un tema molto complesso, e non è il caso di dare per scontato che tutti sappiano di cosa si parla. 
Ecco quindi un piccolo promemoria diviso in tre parti: cos'è l'eterologa, perché i prolife sono contrari, cosa sta succedendo. 

Cos'è la fecondazione eterologa? 

Senza pretesa di essere più precisi che chiari, si tratta di un tipo di fecondazione assistita, cioè di fecondazione che avviene fuori dall'utero o comunque con metodologie non naturali.
Parliamo di fecondazione in vitro, tanto per avere una idea (FIVET).
Quando la fecondazione in vitro avviene con i gameti (il patrimonio cromosomico) di quell'uomo e quella donna che poi saranno legalmente  il padre e la madre del bambino che (auspicabilmente) nascerà, si parla di fecondazione OMOLOGA.
In tutti gli altri casi, la fecondazione sarà invece ETEROLOGA.
Per tutti gli altri casi possiamo riferirci, per esempio, al fatto che il donatore dei gameti maschili e il futuro padre non sono la stessa persona; che la donatrice dei gameti femminili e la futura madre non sono la stessa persona. Ancora: che la donna che porterà in grembo il bambino e la futura madre non sono la stessa persona.

A ben guardare, con la fecondazione eterologa i concetti di "padre" e "madre" necessitano di qualche precisazione. Di fatto, sono tali i "destinatari" del bambino; quelli che poi in concreto lo cresceranno. Non quelli che geneticamente sono il padre e la madre.
Una situazione più simile alle adozioni che non alla filiazione naturale.

L'adozione è una cosa legale e moralmente ammessa, anzi, per molti aspetti è una pratica lodevole. Se questa pratica somiglia all'adozione, quale sarebbe il problema? In altri termini:

Perché i prolife sono contrari? 

Da quanto detto può già capirsi cosa hanno da ridire i prolife. La fecondazione eterologa scinde il rapporto padre-madre-figlio, trasformandolo da un rapporto naturale ad un rapporto artificiale. Questo porta ad una serie di conseguenze negative: 

1) Il figlio si compra. Queste pratiche sono molto costose, e hanno come obiettivo non la cura di una malattia (l'infertilità lo è) ma la produzione di un bambino. Il bambino diventa il prodotto, la merce.
2) Il figlio si progetta. Dal momento che si deve ricorrere ad un donatore, perché limitarsi a sceglierne uno a caso quando si può chiedere un donatore super? Nelle banche del seme donne e uomini particolarmente sani e particolarmente richiesti vendono i loro gameti. Si può letteralmente scegliere il donatore, e quindi determinare le caratteristiche somatiche del figlio. Ci sono anche dei donatori Vip, se volete, in Inghilterra. Chi vuole essere madre del figlio di Paul McCartney? O preferite David Beckham come padre? Tutto si può avere, basta pagare.
Senza contare che, come per l'aborto selettivo di genere (di cui abbiamo parlato in questo sito) si presentano gli stessi dilemmi. Puoi averlo maschio, se vuoi, o femmina. 
E puoi averlo bianco, biondo, alto, occhi azzurri. Vi ricorda niente? 

3) Un figlio? Cento figli! La pratica della vendita o donazione del seme ha fatto sì che ci fossero persone con un numero di figli a due zeri. Di fatto, la cosa diventa incontrollabile. 

4) Utero in affitto. Uno degli aspetti più drammatici, sia perché già avviene, sia perché lascia davvero allibiti il fatto che a nessuno sembra importare. Perché mai una donna dovrebbe dare il suo utero per ospitare un figlio che non avrà? Risposta in coro: per soldi. E forse neanche poi molti. 
La pratica dell'eterologa sfrutta il bisogno di donne povere, magari del terzo mondo, che vengono contattate da agenzie per affittare il loro utero. In sostanza: donne povere che fanno i figli al posto di donne ricche. O meglio: al posto di donne che vivono in paesi ricchi, perché (come vedremo) l'eterologa  italiana sarebbe a carico del servizio sanitario nazionale. Cioè, a carico nostro. 

5) Madre e padre? Non necessariamente.  La fecondazione eterologa è notoriamente il modo più comodo per le coppie omosessuali per avere figli. E' stato così che Elton John e il suo compagno hanno ottenuto (non saprei usare termine più lusinghiero) i loro due figli. 

Oltre a tutto questo, si aggiungono per quanto riguarda l'eterologa le criticità che già erano proprie della fecondazione omologa: 

1) Embrioni congelati. Esseri umani che vengono prodotti in serie e messi in freezer. In attesa di essere impiantati oppure... utilizzati per la ricerca scientifica. 

2) Un enorme spreco di vite umane. La fecondazione omologa ha un basso tasso di successo. In pratica ben pochi degli embrioni inseriti nell'utero materno riescono a impiantarsi, cioè a sopravvivere. Gli altri muoiono. E' una tecnica molto fallibile, ma questo non sembra nuocere ai vasti guadagni delle cliniche che la praticano, anzi. 

E vi sono anche altri aspetti di schietta bioetica, che ometto perché altrimenti il discorso si farebbe troppo pesante. 

Cosa sta succedendo? 

Mentre la fecondazione omologa era consentita dalla legge 40 seppure con certi limiti, la legge stessa proibiva la fecondazione eterologa in qualsiasi forma. 
Una serie di sentenze della Corte Costituzionale, nate da ricorsi giudiziari finanziati dalle stesse cliniche che fanno fecondazioni in vitro, hanno via via eliminato i limiti che la legge 40 poneva. 
Da ultimo, anche il limite del divieto della fecondazione eterologa, che quindi diventerebbe possibile. 
Unico limite che rimane, è il fatto che si può accedere a queste pratiche solo se si è sterili, e solo una piccola parte delle coppie lo è davvero, e la maggior parte di esse non ricorre alla Fivet come prima soluzione. Ma è una magra consolazione. 

Il fatto che la Corte Costituzionale avesse fatto cadere il divieto all'eterologa non comportava però un diritto indiscusso da parte di chiunque a praticarla, in particolare in assenza di linee guida. 

C'è chi si è adoperato in tal senso. 
La Giunta Regionale Toscana, guidata dal governatore Enrico Rossi (il grazioso signore nella foto), si è premurata non solo di formulare delle linee guida particolarmente permissive per la fecondazione eterologa, ma anche di capeggiare le altre regioni per arrivare prima possibile ad una diffusione su scala nazionale. 
Dopo infatti una riunione nazionale degli assessori regionali di tutte le regioni d'Italia, che hanno approvato in blocco e senza discutere le linee guida toscane, le stesse hanno avuto l'assenso dei governatori. Il trattamento sarebbe inoltre a carico del servizio sanitario nazionale. 

Sconfitta su tutta la linea, dunque? 
Non proprio. 

Essendo la legge 40 relativa alla fecondazione in vitro una norma statale e non regionale, si ritiene logico che le linee guida siano di provenienza statale, e non regionale. 
Ben potrebbe perciò il Governo centrale lamentare che le regioni stiano arrogandosi un potere che non hanno. 
Questo è assolutamente logico. Tuttavia il problema è che il soggetto chiamato a dire di chi è la competenza in materia è la stessa Corte Costituzionale che ha fatto a pezzi la legge 40, legittimando di fatto l'eterologa in Italia. 

E' appena il caso di ricordare che la legge 40 è stata approvata (da un parlamento regolarmente eletto) dopo un vivace dibattito, sottoposto ad un referendum nel 2005 che non passò, con conseguente indiretta legittimazione popolare della legge. 

Quindi, riassumendo: le nostre speranze risiedono nella Corte Costituzionale, che dichiari che la competenza in materia è dello stato (e questo è, nonostante tutto, molto probabile). In secondo luogo, nel ministero della Salute, affinché limiti il più possibile il ricorso a tale pratica. 

Nel frattempo... è bene tenersi informati. Discutere della cosa. Non lasciarsi trasportare dall'onda di entusiasmo verso un meccanismo che trasforma le persone in merce di scambio, i bambini in pacchi postali. La vita umana in un prodotto commerciale. 

V per VITA 



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