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Evangelium Vitae: ragioni del volontariato prolife

Il Vangelo della vita è un grande dono di Dio e insieme un compito impegnativo per l’uomo. 


Esso suscita stupore e gratitudine nella persona libera e chiede di essere accolto, custodito e valorizzato con vivo senso di responsabilità: donandogli la vita, Dio esige dall’uomo che la ami, la rispetti e la promuova. In tal modo il dono si fa comandamento, e il comandamento è esso stesso dono.
L’uomo è, infatti, prosecutore dell’azione creatrice di Dio: “l'uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio”. La vita viene allora affidata all’uomo come un tesoro da non disperdere, e di cui verrà chiesto conto: “Domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo” (Gn 9,5). L’uomo è chiamato a
una pienezza di vita. L’altezza di questa vocazione rivela la grandezza della vita umana. Essa è una realtà sacra che ci viene affidata perché la custodiamo e la portiamo a perfezione. Con l’Incarnazione Gesù si è unito ad ogni uomo. In quest’evento di salvezza, si rivela non solo l’amore sconfinato di Dio ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana. Il Vangelo dell’Amore di Dio per l’uomo e il Vangelo della dignità della persona sono un unico e indivisibile Vangelo.

La nostra vita è servizio nell’amore. Siamo stati amati per amare, accolti per accogliere. Gesù ci chiama a manifestarci e a testimoniare la volontà di Dio. Manifestarci vuol dire impegnarci ad educare alla cultura della vita perché questo valore torni nel cuore dell’uomo. Nostro compito è aiutare ogni uomo e ogni donna a riconoscere, leggere, comprendere quello che l’Autore della vita ha impresso da sempre nei corpi e nei cuori (Rosario per la Vita, ed. Paoline).

Siamo stati conquistati dall’Autore della vita e siamo diventati il popolo della vita, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere meravigliose (1Pt 2,9). Nel servizio della carità c'è un atteggiamento che ci deve animare e contraddistinguere: dobbiamo prenderci cura dell'altro in quanto persona affidata da Dio alla nostra responsabilità. Come discepoli di Gesù, siamo chiamati a farci prossimi di ogni uomo (cf. Lc 10, 29-37), riservando una speciale preferenza a chi è più povero, solo e bisognoso. Proprio attraverso l'aiuto all'affamato, all'assetato, al forestiero, all'ignudo, al malato, al carcerato — come pure al bambino non ancora nato, all'anziano sofferente o vicino alla morte — ci è dato di servire Gesù, come Egli stesso ha dichiarato: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40) (crf Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium Vitae”).

L’appartenenza al popolo della vita, esige da tutti il coraggio di assumere un nuovo stile di vita. In primis ci spinge a riconoscere il primato dell’essere sull’avere e soprattutto della persona sulle cose. Il passaggio successivo è quello di mettere da parte l’indifferenza e interessarci all’altro, accoglierlo. In questa missione di testimonianza dell’amore e della vita, ciascuno di noi può rivestire un ruolo importante. Come i discepoli di Gesù siamo, infatti, chiamati a farci prossimi di ogni uomo, soprattutto al più povero e bisognoso.


 
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