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Irlanda: chi dice NO all'aborto

Sempre più vicina l'introduzione dell'aborto, ma c'è chi dice no. Politici e ministri sfidano il governo ritardando il passaggio alla camera: sotto la dicitura "protezione della vita" si nasconda la solita logica prochoice.

La storia si ripete: come per la legge 194 italiana, anche la recente Protection of Life During Pregnancy Bill approvata dal Parlamento irlandese è dedicata alla di “tutela” della maternità, ma nei fatti introduce l’aborto nel Paese. Uno scudo ideologico con cui gli italiani fanno i conti da trent’anni e a cui incessantemente i prolife oppongono i diritti del nascituro, anzi il diritto primo di ciascun essere umano, il diritto di vivere. Questo perchè tutti sanno che "l'aborto non salva vite, semplicemente uccide i bambini", come recita uno dei cartelli dei manifestanti di Dublino.

La discussione è stata tutt’altro che scontata e il voto finale della prima camera, ora si attende la seconda, è arrivato con un giorno di ritardo. L’opposizione è stata ferocissima e il dibattito è proseguito per tutta la notte del 10 luglio – fino alle 5 del mattino - costringendo i politici a riaggiornare il calendario dei lavori. Questo mentre le associazioni prolife hanno manifestato nelle principali città dell’Irlanda. Sul fronte opposto i prochoice hanno marciato strumentalizzando la morte della dentista indiana Savita Halappanavar, di cui abbiamo parlato qualche giorno fa.

I lavori sono stati altresì ritardati dalla ribellione tanto attesa di Lucinda Creighton, il ministro per gli Affari europei. Altri politici hanno sfidato la linea del partito di governo Fine Gael nonostante la minaccia di esclusione dalle prossime elezioni. Il leader della coalizione di governo, Enda Kenny, alla guida del Paese dal 2011 si è mostrato inamovibile sulla posizione. In una intervista all’Indipendent  ha ricordato che linea politica è dettata dai sostenitori del Partito ed era stata già delineata durante l’annuale conferenza programmatica: in sostanza chi segue la propria coscienza, quella che ti dice che la “proteggere la vita con l’aborto” sia una frase illogica, quantomeno di orwelliana memoria, è fuori dai giochi.

I precedenti che hanno portato alla novella legislazione si possono rintracciare in una sentenza del 1992 della Corte Suprema di Dublino, nota come il caso X, in cui i giudici hanno stabilito che l'aborto dovrebbe essere permesso in caso di una minaccia per la vita della madre. Il paradosso è che i giudici irlandesi non hanno esitato a contemplare anche il caso in cui a mettere in pericolo la vita della madre è la madre stessa attraverso la minaccia del suicidio: una sorta di via libera per qualsiasi richiesta di aborto fatta sotto il ricatto del suicidio, vero o opportunistico che sia.

Ma anche l’Europa ci aveva messo del suo con la Corte europea dei diritti dell'uomo che aveva condannato il Paese per aver discriminato una donna malata di cancro che è dovuta spostarsi in un’altra nazione per praticare l’aborto. Anche alla luce di questo ulteriore dettagli ci appare chiaro come le istituzioni dell’UE vadano presidiate dai movimenti prolife. Per questo ci permettiamo di usare anche questa notizia triste per ricordare l’iniziativa dei cittadini europei Uno di noi, sostenuta dalle associazioni prolife di molte nazioni europee, per chiedere il riconoscimento giuridico dell’embrione umano.

(TEP)
 
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