Ora spunta l’ipotesi di “contraccezione post fertilizzazione”, l’ennesimo ritrovato abortivo.
Da sempre il linguaggio della propaganda ha cercato parole dissuasive, addirittura fuorvianti per cambiare il modo in cui si percepiamo le cose. L’aborto proprio per la sensibilità dell’opinione pubblica è da sempre al centro di questa strana forma di inventiva. Orwell nel suo celebre romanzo “1984” la definiva l’antilingua.Ne sono un esempio la semplice dicitura di interruzione volontaria di gravidanza, oppure i nomi con cui si è soliti descrivere le prime fasi di vita dell’uomo con l’intento di nasconderne l’umanità. Nel campo della farmaceutica l’antilingua ha però avuto l’aiuto tanto del tecnicismo della materia tanto della possibilità di “mischiare le carte”.
Il punto di partenza di tale azione è la confusione tra contraccezione e aborto. Così farmaci abortivi sono stati camuffati come contraccetivi, con l’evidente intento di nasconderne l’abortività, ricorrendo alla dicitura “contraccezione d’emergenza”. Pensiamo per esempio alla pillola del giorno dopo di cui abbiamo già parlato (leggi l’approfondimento qui).
L’ultimo ritrovato in questa direzione è comparso sul Journal of Family Planning and Reproductive Health Care. Sulla rivista alcuni ricercatori auspicano la creazione di un nuovo farmaco abortivo da assumere nel primo mese dopo il rapporto sessuale. Gli autori affermano di poter ricorrere così alla categoria di “contrazzezione post-fertilizzazione” che a loro aiuterebbe a superare i problemi sollevati nell’opinione pubblica dal ricorso all’aborto.
Ma se la fertilizzazione indica di fatto l’avvenuto concepimento, la natura di contraccettivo di un simile farmaco è presto smascherata. Una sorta di riproposizione della RU486, a sua volta un tentativo di rendere l’aborto più accettabile, anche a costo di compromettere pesantemente la salute delle donne.
Anzi come ha osservato Benedetta Frigerio su Tempi “sarà peggio della Ru486, dicono, perché anche la pillola del mese dopo è un farmaco abortivo, ma più camuffato. Agli autori dell’editoriale, però, tutto ciò non interessa. L’importante è che «una pillola del genere sarà molto popolare tra le donne». E anche se «è una forma di aborto»” (Tempi.it). L’ennesimo tentativo di addormentare la coscienza e continuare a vendere per altro quello che è semplicemente, e drammaticamente, l’aborto ma con altre parole.
Nessun commento:
Posta un commento