Le ultime tre relazioni del seminario Quarenghi raccontate in sintesi per riflettere e capire. Il confronto con mons. Mupendawatu, il prof. Marana e il prof. Gigli.
L’intervento di Mons. Jean Marie Musivi Mupendawatu per il Seminario Quarenghi, ha presentato ai ragazzi la realtà africana per quanto riguarda la difesa della vita e della pace: “le immagini televisive non mostrano che bambini scheletrici, non mostreranno mai famiglie povere che però vivono con dignità".
Mupendawatu ha infine aggiunto: "Nonostante la povertà- ha ricordato Mupendawaatu- il popolo africano ha una speranza: gli africani amano molto la vita, ma l’Africa è spesso soffocata dall’azione di lobby contraria alla vita. Ma forse proprio dall’Africa arriverà una nuova cultura per la vita, perché ogni africano ama e rispetta la vita”.
La prima relazione, dal titolo “La medicina a servizio della vita che inizia”, ha affrontato la difficile tematica della infertilità e su quelle che appaiono come soluzioni: la FIVET (fecondazione in vitro più trasferimento di embrioni) e la ICSI (iniezione di uno spermatozoo che si inietta direttamente nella cellula uovo). Soluzioni che nella realtà non mostrano l’efficacia presunta: le percentuali di successo è per l’Italia del 23%, di cui un 30% risulta però un aborto spontaneo: solo il 17,8% sarà un caso di “bambino in braccia”.
La conclusione è semplice, più dell’80% degli embrioni viene perso. Inoltre, si ha una grossa percentuale di gravi conseguenze sulla salute del nascituro, oltre che gravi rischi per la madre. Ha ricordato, inoltre il Prof. Marana: “è partendo da queste considerazioni che è nato l’Istituto scientifico internazionale di ricerca sulla fertilità ed infertilità umana per una procreazione responsabile”.
La relazione di Gigli, ha affrontato, con una apertura simpatica, una tematica poco felice quale la sofferenza e la morte. La domanda a cui ha voluto rispondere sono state: “Ha un significato la sofferenza? E la risposta che ha dato ai ragazzi è stata che “da un punto di vista medico, il dolore è un importante fattore fisiologico, ci aiuta ad evitare i pericoli grazie alla sua funzione di allarme. In una dimensione filosofica, il dolore tempra e rende più solidi e resistenti, in una funzione pedagogica ed educativa. È nel momento in cui la cura non esiste più che il dolore pare perdere di ogni significato.
La relazione di Gigli, ha affrontato, con una apertura simpatica, una tematica poco felice quale la sofferenza e la morte. La domanda a cui ha voluto rispondere sono state: “Ha un significato la sofferenza? E la risposta che ha dato ai ragazzi è stata che “da un punto di vista medico, il dolore è un importante fattore fisiologico, ci aiuta ad evitare i pericoli grazie alla sua funzione di allarme. In una dimensione filosofica, il dolore tempra e rende più solidi e resistenti, in una funzione pedagogica ed educativa. È nel momento in cui la cura non esiste più che il dolore pare perdere di ogni significato.
L’unica risposta in questi casi è la fede. Ma la speranza cristiana non è per fortuna prerogativa dei credenti. L’atteggiamento deve essere quello della compassione che è prima di tutto compagnia, lasciarsi interrogare dalla sofferenza del prossimo. Questo è un dovere dei medici ma anche di tutti noi, e non solo verso amici e parenti. Le opere di misericordia e le cure palliative sono una risposta pratica alla sofferenza.
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