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Clandestino a bordo


Lui è un clandestino.
Non sappiamo come ci sia arrivato. Quali folli promesse lo abbiano spinto a farlo. Da cosa scappava? Chi gli ha detto che poteva fare quel che ha fatto, imbucarsi laddove non era stato invitato? 
Non sappiamo dove sia ora, con esattezza. Non sappiamo a cosa stia pensando, e francamente neanche ce ne importa. 
Di sicuro sta navigando, circondato da acque che sembravano docili all'inizio, ma che si stanno facendo sempre più insicure. 
Certamente guarda dritto davanti a sé, cercando l'orizzonte. Cercando quella piccola isola che per lui rappresenta l'inizio di una vita nuova. 
Lui è convinto di passare inosservato. Tutti i clandestini sono convinti di questo: passerò inosservato. Nessuno farà caso a me. 
In tutto quel trambusto, in quel brulichio di persone e di pensieri, che è dove sto andando adesso, nessuno farà caso a me. 
E in qualche maniera - pensa - ci sarà posto anche per me. 
Da cosa scappo? Scappo dal niente. Perché il posto da dove provengo per me è il niente. Non chiedetemi da dove vengo, non vi dirò niente. 
Questo pensa. 

Ma ignora quello che pensiamo noi di lui. 
Che arrivi o no nelle nostre coste, lui è un clandestino. 
Una persona che ha varcato una frontiera senza essere stato invitato. 
Possiamo noi accogliere tutti quelli che si presentano non invitati? Dove li mettiamo ? Le nostre risorse bastano appena per noi. 
E che ne sappiamo noi per quale motivo questi clandestini vengano da noi? Vengono per collaborare o vengono per nuocere? 

Mossi da questi pensieri, ci convinciamo - poco per volta - che abbiamo una sorta di pulsante rosso. Un pulsante che controlla il destino - scusate il calembour - del clandestino. 
Abbiamo un diritto di proprietà su questo pulsante. E indirettamente, ma solo indirettamente, sulla vita del clandestino. 
Possiamo dire no. Questa è la vera libertà. La nostra libertà di dire : "no, non ti voglio. Torna da dove sei venuto". 
Senza la nostra libertà cosa saremmo? Schiavi degli eventi? Al servizio dei clandestini? 
Non sappiamo dove metterli! 

Pure, ci sono persone tra di noi che non la pensano così. Persone che dicono: non so come, non so se ce la facciamo. Ma i clandestini vanno accolti. Comunque vada, vanno accolti. 
Non perché se lo merita. Ma perché è un essere umano. La sua vita ha un valore. 
Non importa da dove viene. Ma se cade in mare dobbiamo strapparlo alle onde, usando tutte le nostre risorse, se necessario. 
Poi un posto si troverà. 
Gettiamo tanto di quel cibo, che non morirà di fame. Buttiamo via tanti di quei soldi, che qualcosa ci sarà anche per lui. Non vivrà nel lusso, ma un posto a tavola anche per lui si troverà. 

Non hanno molti fans queste persone. E tra questi fans, va detto, ci sono persone col cervello non del tutto a posto. Alcuni hanno solo una gran voglia di maledire chi ha paura del clandestino. Ma la paura va presa per quel che è. Compatita, non condannata. Dobbiamo pensare anche a chi ha paura. Perché anche la sua vita è degna. 

Io credo che il lavoro (non le chiacchiere: il lavoro) di queste persone sia prezioso. 
Il lavoro che da oltre trent'anni noi del movimento per la vita svolgiamo piuttosto bene. 
Aiutare i clandestini a vedere la luce. 





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