Occhi grandi e scuri, capelli biondo chiaro e mossi, un
tatuaggio sulla parte alta della schiena. E proprio da quel tatuaggio inizia
una storia che magari ai più non suggerirà nulla ma che a me ha così tanto
parlato di vita e coraggio da riuscire a commuovermi. “Che significato ha quel
tatuaggio?”. Subito mi mordo la lingua, la buona educazione richiederebbe di
non rivolgere domande personali a chi si conosce da pochissimo ma ormai il
danno è fatto. Isabella si volta, mi sorride e con disinvoltura mi racconta
la sua storia mentre siamo in coda per la mensa.
Il tatuaggio che troneggia spavaldo sulla schiena di
Isabella è la rappresentazione della fata dell’assenzio, tra le cui ali è
inserito il numero 16. Perché il 16 aprile 2010 le parole di un medico del
reparto di ematologia di Vicenza fanno crollare il roseo mondo di una ragazzina
quattordicenne, annunciandole di essere affetta da Leucemia Linfoblastica
Acuta, malattia del sangue e del midollo osseo per cui i globuli bianchi, a
causa di alcune cellule tumorali, non distinguono i globuli rossi dai batteri e
li attaccano, provocando all’organismo una gravissima anemia.
Da quel momento l’esistenza di Isabella inizia a spegnersi.
Alle lacrime si accompagnano la rabbia e il rancore di chi non vede giustizia
nel dover sopportare un incidente di vita così grande a soli 14 anni. Il cancro
per lei equivale ad una sentenza di morte che non le lascia scampo e all’inizio
della sua lunga e faticosa avventura chemioterapica a Padova non c’è speranza
ad animare il suo cuore. Rannicchiata sul letto d’ospedale a piangere, mentre
la soluzione di chemio e antidolorifici scorre nel sangue per guarirla, lei
assiste alla sua esistenza che scivola via, lontana dagli occhi di familiari e
medici che non vuole vedere. Ma una mattina Oriana, la sua infermiera, le
regala parole che la riportano violentemente alla vita. Quel giorno
Isabella, divenuta troppo magra, non riesce ad alzarsi per la visita
giornaliera e resta sul letto, accanto al quale arriva Oriana. La guarda con
sguardo intenerito e le dice “vuoi lasciarti consumare così principessa? Adesso
ti dico una cosa. Hai davanti a te due possibilità: la prima è rimanere qui,
così, senza cercare di fare niente; la seconda è quella di diventare una
farfalla. Perché adesso sei solo una farfalla chiusa in una crisalide, per
uscirne ci vuole tanta forza, tanta sofferenza e bisogna anche essere un po’
incauti. Ma quando uscirai da quella crisalide, sarai la farfalla più bella, te
lo assicuro. A te la scelta comunque!”
In quei giorni Isabella si accorge di quanto profondamente
sia legata alla propria vita quando prima di dormire, ogni sera, prega per
riuscire ad aprire gli occhi la mattina seguente. La leucemia porta ad una
morte dolce, offre un sonno che un po’ alla volta spegne gli organi vitali e
rallenta inesorabilmente cuore e polmoni. Ma Isabella ora non è sola a
combattere il suo mostro: vuole di nuovo accanto a sé la sua bellissima
famiglia, la mamma, il papà e le due sorelle, che comprendono i suoi silenzi,
la curano amorevolmente nel post chemio, non smettono di farla ridere fino alle
lacrime, e donandole la certezza di essere amata in misura incondizionata le
insegnano che non c’è prova che tenga davanti ad una famiglia unita.
Il 16 maggio 2011 Isabella, dopo due anni di sofferenza e
due incontri ravvicinati con il buio della morte, secondo il responso medico, è
guarita completamente e il 16 maggio dell’anno successivo conclude
definitivamente il ciclo di terapia. E quando siede davanti a me, ammette la
verità di quella frase fatta che spesso ci sentiamo dire: si è accorta di quanto
la vita potesse essere un dono solo quando era lì lì per sciuparlo per sempre.
Ora guarda la vita negli occhi con coraggio, racconta a chi si imbatte nella
sua storia che la vita è un miracolo da accogliere e affrontare a denti
stretti, difficoltà dopo difficoltà, anche e soprattutto perché può essere
infinitamente bastarda, come dice lei. E poi racconta di quanto, prima di
tutto, possa essere un’esperienza piena di gioia, costellata di piccoli e
grandi successi come tornare a scuola dopo la malattia, ricominciare a sognare,
scoprirsi capaci di trovare soluzioni per superare le prove quotidiane con cui
crescere.
E tutto questo Isabella lo vuole confidare ad una persona in
particolare, la sua piccola e dolce nipotina. Anche e soprattutto nella vita
nascente di Rebecca, ha riscoperto quanto sia giusto consumare i propri polmoni
per urlare che la vita, per quanto difficile possa essere, è bellissima sempre
ed è la prima cosa da amare e difendere, senza se e senza ma.
Per lei ha
composto una poesia che toglie il fiato e di cui vorrei riproporre solo pochi
versi: “Voglio che tu abbia un nome, un’identità,/ perché tu non ti senta mai
uno fra i tanti;/ voglio che tu abbia un perché per ogni cosa,/ perché tu non
creda mai di inseguire una causa persa.”
Con l’augurio che tu possa riempire i colori delle tue ali
di sogni da inseguire, cause giuste per cui combattere e vite da amare,
Buon volo Isa!
Irene Pivetta
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