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Non è un pianeta per donne

L'aborto costituisce il principale nemico della popolazione femminile al mondo, ma il femminismo fatica a capire.


Il movimento femminista ha in parte destato l’opinione pubblica sulle discriminazioni storiche della donna, ma ha fallito nella rivendicazione del più basilare diritto, quello alla vita. Il femminismo ha paradossalmente fallito la propria emancipazione dalla "conquista dell’aborto" e dalla valutazione ideologia che ne segue. Bloccato nella sua interpretazione storica non riesce a vedere che oggi l’aborto è essenzialmente il primo nemico al mondo per la popolazione femminile.

Seguendo la geografia di genere, cioè lo studio dei due agenti, uomo e donna, che modificano lo spazio [1] possiamo tracciare una fotografia del mondo basata sul “tasso di femminilità”: il numero di donne per ogni cento uomini. Il tasso di femminilità alla nascita è di per se biologicamente sfavorevole alle donne con una media di 94,5 femmine ogni 100 maschi [2].

Questa sproporzione iniziale se teniamo conto della popolazione vivente non solo scompare, ma viene addirittura ribaltata grazie alla maggiore longevità della popolazione femminile. Fanno eccezione una serie di paesi tra cui l’India, la Cina, il Pakistan in cui la condizione sociale della donna ne pregiudica non solo la sopravvivenza alla nascita, ma la stessa esistenza. Il ricorso all’aborto selettivo ha cancellato dal pianeta intere generazioni di donne.

Le “donne mancanti” secondo le stime del premio Nobel indiano Amartya Sen erano nel 1992 oltre cento milioni [3]. I dati del censimento indiano del 2001 mostrano come nonostante un uguale numero di donne e uomini in età compresa tra 0 e 14 anni, all’aumentare dell’età lo squilibrio aumenta sensibilmente. Lo squilibrio è imputabile sia ai cambiamenti della protezione sociale nel paese di cui beneficiano soprattutto gli uomini [4] sia ad un pesante ricorso all’aborto selettivo come mostrano gli stessi dati del censimento del 2001. Se teniamo presente che il trend mondiale mostra che il miglioramento delle condizioni sociali ha effetti positivi maggiori per la popolazione femminile, lo squilibrio indiano si fa ancora più allarmante.

Come ha posto in evidenza Antonella Rondinone, uno studio condotto nella regione del Punjab mostrava che nonostante il 72% delle donne intervistate fosse contrario all’aborto, il 95% di loro si dichiarò contemporaneamente favorevole a ricorrevi in caso di figlie femmine. Un simile trend sempre più diffuso nel mondo avrà evidentemente più conseguenze negative che positive [5]. Secondo l’associazione medica indiana il 42% delle figlie femmine viene abortito a fronte del 25% dei figli maschi[6]. Riuscirà il femminismo a riconoscere nella pratica abortiva il principale nemico delle donne? Quante donne ancora dovranno “mancare” prima che la politica e la militanza apra gli occhi sull’inviolabile diritto alla vita?

(TE/Giovani Prolife)
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[1] Arena, G. Geografia al femminile. Unicopli, 1990.
[2] Clarck, J. I. The human dicotomy: changing number of males and females. Pergamon, 2000.
[3] Sen, A. More than 100 million women are missing. New York Review of book, 20, 1992.
[4] Mayer, P. Indian falling sex ratios, Population development review, 25, 1999.
[5] Rondinone, A. Le donne mancanti: lo squilibrio demografico in India. Rivista geografica italiana, 1, 2003.
[6] Rmachandran, S. Indian religious leader decry killing unborn baby girls. CNSNews, 27 giugno 2001.

L'aborto selettivo è femminicidio

l fenomeno della discriminazione delle donne alla nascita non conosce tregua, una forma di femminicidio ignorata se non addirittura tollerata in alcune culture.

Donne uccise e uccise in quanto donne: la differenza è abissale. Cambia tutto. Da una parte la donna è vittima, dall’altra è vittima in quanto donna, a partire da squallide e ancestrali discriminazioni che però, curiosamente, tardano ad essere riconosciute. 

Perciò se non fosse tragicamente serio, sarebbe di comico il fatto che il Governo italiano abbia scelto di impegnarsi nella lotta al cosiddetto femminicidio trascurando bellamente il più spietato killer di donne di ogni tempo: l’aborto selettivo.

Stiamo parlando di un fenomeno vastissimo e segnalato già da tempo – la prima a sollevarlo, quasi trenta anni or sono, fu proprio una donna, Mary Anne Warren [1] – ma che continua a godere di una preoccupante omertà. Omertà ad oggi infranta solo parzialmente dopo che, negli ultimi decenni, è iniziato ad emergere lo spaventoso bilancio della mattanza prenatale soprattutto laddove questa, complici legislazioni crudeli e mirate sul versante, ha maggiormente preso piede, e cioè nel continente asiatico. Parliamo di numeri che fanno paura solo a ripeterli.

Dal censimento indiano del 2011 è per esempio emerso che l’equilibrio fa maschi e femmine è sceso a 1.000 contro 914 mentre nel 1981 le femmine erano 962, nel 1991 945 e nel 2001 927; un calo drammatico. Peggio la Cina, dove la Fondazione per la ricerca sullo sviluppo ha chiesto un deciso ripensamento alla politica del figlio unico [2]. 

E da noi? Apparentemente tutto a posto, nel senso che non se ne parla. Eppure c’è. E chi ha provato più di altri a rompere il silenzio sul tema è stata, pure qui, una donna, Anna Meldolesi, autrice di un testo eloquente già nel titolo: “Mai nate” [3].

Libro di spessore ma, stranamente, praticamente ignorato...

Continua a leggere qui: giulianoguzzo.wordpress.com
Autore Giuliano Guzzo
 
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