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Creati perché la donna tornasse a sorridere



Il racconto di una vita da volontaria CAV 

Sono ormai trentotto anni che faccio parte del Movimento per la vita, dal momento della mia conversione, avvenuta nel 1976 e partecipai ad un incontro, a Firenze, dove si relazionava sull’operato del primo Centro di Aiuto alla Vita (CAV), dopo un anno dalla sua nascita.
La conoscenza di Dio fece sorgere in me una serie di domande: chi sono? Perché Dio ha voluto che esistessi? A che serve la mia vita? Come l’ho vissuta prima d’ora?
Dopo molte riflessioni, ho capito che la vita è un grande dono, ho capito che questo dono ricevuto dovevo a mia volta ridonarlo, ma a chi? Al mio prossimo, a colui che mi sta accanto, al fratello che ogni giorno incontravo; capii, quindi, che dovevo cambiare il mio modo di essere ed impegnarmi in qualcosa che fosse degno della mia esistenza.
Ero insegnante, ma come svolgevo la mia professione? Il mio prossimo erano i giovani studenti e i miei colleghi, dovevo innanzitutto rivolgere lo sguardo a loro, guardarli e amarli come persone aventi una grande dignità con tutti i loro pregi e difetti. Ma Dio non voleva solo questo e si manifestò subito la sua volontà, dovevo andare oltre, interessarmi della vita di tutti e, per una serie di circostanze, della vita nascente; comunicare agli altri che la vita con le sue gioie e i suoi dolori, doveva essere spesa per chi, creato ma non ancora nato, aveva il diritto di viverla.
In tutti questi anni ci sono stati momenti di gioia e di grande dolore, specialmente quando ci troviamo di fronte ad una madre che decide di sacrificare la creatura che porta in grembo e non riesci a persuaderla a portare avanti la gravidanza. Ecco il compito difficile al quale siamo chiamati, se operiamo nei Cav.
Ma anche momenti di grande gioia.
Qualche decennio fa la donna in attesa di un figlio era guardata  con spontanea ammirazione, con compiacimento; il senso di ciò che avveniva in lei era colto da tutti generalmente come un evento naturale e positivo. Nella società attuale è venuta meno questa evidenza, assieme ad una perdita di valori. La gravidanza può essere considerata positiva o negativa a seconda di come viene vissuta o percepita dalla coppia o dalla donna.
Per esperienza vissuta da anni l’operatrice del CAV sa che una donna difficilmente trova nel contesto della società delle valutazioni positive e quindi sostegno. E’ perciò compito dell’operatrice cercare di sollecitare risposte personali, vincere le paure e dar spazio alle speranze, affinchè venga riconosciuta all’evento la connotazione positiva. La donna vive un momento di tempesta emozionale, talora di crisi, anche nel caso in cui la gravidanza è stata accolta favorevolmente. La donna deve rimettere in discussione se stessa, la sua identità, essa vive l’evento con una ambivalenza in cui, a momenti di gioia, di attesa fiduciosa, di serenità, si alternano momenti in cui rimetterebbe tutto in discussione.
La donna amata non abortisce, infatti spesso le cause principali degli aborti sono la mancanza di aiuto, di collaborazione, di accoglienza dell’uomo, l’abbandono, il disinteresse. 
La donna ha bisogno di essere ascoltata e compresa. Deve avvertire che i suoi problemi stanno diventando anche problemi dell’operatrice. Il silenzio in certe occasioni è significativo. Lo scopo principale è quello di capire veramente la situazione della donna. Il Cav si pone accanto alla donna, rispetta e accoglie la donna, qualunque cosa ella decida.
Francesca, Alessia, Lavinia, Teresa,…. (nomi di fantasia) hanno saputo dire sì alla vita e sono tornate con il loro bambino felici, sorridenti, fiduciose. E in quel sorriso c’era il loro ringraziamento.


GIULIANA ZOPPIS

Iphone, Modello, Mockup, Mock-Up, Iphone 6, Black

Ci dicono i Vescovi oggi, in questa 38° Giornata per la Vita da loro indetta, che “la misericordia farà rifiorire la vita: la vita dei migranti respinti sui barconi, la vita dei bambini costretti a fare i soldati, la vita degli anziani abbandonati negli ospizi, la vita di chi è sfruttato, la vita di chi non vede riconosciuto neppure il diritto a nascere. 

E’ di questi ultimi che il volontariato per la vita si occupa in modo specifico, pur nel pensiero per tutti. Come? Anche attraverso il Servizio che abbiamo chiamato SOS VITA, che è fatto dai 355 Centri di Aiuto alla Vita in Italia, da una rete telefonica che risponde 24 ore su 24, da una presenza sul web di un gruppo di volontari e volontarie: un servizio a tre livelli strettamente collegati con uno scopo unico, quello di accogliere chi è in difficoltà per aiutarlo ad accogliere la vita che è giunta inattesa. Molte sono le storie di donne in attesa di un figlio inatteso e fortemente combattute tra “eliminare” il problema sotto la spinta di genitori, compagni, amiche oppure accogliere la vita che già vedono nelle ecografie e già sentono parte di loro. 
C’è la storia di Alice, accompagnato virtualmente con sms, messaggi vocali su WhatsApp e Facebook, fino a quando è scesa dal lettino dell’ospedale rinunciando all’aborto e annunciando felicemente che il figlio, accolto, nascerà. Fidelia: il cui volto gioioso e i cui gesti di tenerezza commovente, mentre abbraccia il figlio e lo mostra come segno e scopo di una vita che - passata attraverso la drammatica esperienza della strada – sono segni di quella ripresa fatta possibile attraverso la collaborazione fra cav, ma soprattutto alla capacità di accogliere con amore e far comprendere le potenzialità per una rinascita. 
Ora Fidelia lavora come operatrice sanitaria ed è indipendente. Ma c’ anche la lettera ricevuta da Anna che invece non ce l’ha fatta e scrive ora alla volontaria “quante volte mi hai detto che un figlio un po’ di panico lo crea sempre? Tante, forse troppe e nonostante ciò io ho continuato a pensare che non era il momento giusto. Ad oggi ti dò ragione, il momento “giusto” non esiste, non esiste per un “figlio”. Nessuna paura valeva tanto quanto la vita di mio figlio, ma l’ho capito troppo tardi…”. Particolarmente attraverso il web si rivolgono a noi giovani donne osteggiate da quelli che dovrebbero essere gli affetti più cari: i fidanzati che fuggono dalle proprie responsabilità e le madri incapaci di dare fiducia alle figlie. Il denominatore comune è fatto di solitudine, di fatica a reagire a quanti non vedono altro che “il problema”. 

Rita Ruotolo, volontaria SOS Vita e CAV Promozione Vita di Torino

Mamma segreta

Il Parto in anonimato è tutelato dalla legge, a garanzia dell'anonimato della madre per salvaguardare la vita del bambino

Forse non tutti sanno che in Italia è possibile, per la madre, partorire in ospedale in tutta sicurezza senza per forza tenere con sé il bambino. 

Si chiama "parto in anonimato" ed è previsto dal DPR 396 del 2000, art. 30.
Grazie a questa norma, è possibile semplicemente evitare di figurare come la madre del bambino.

E che ne è del bambino?

Il bambino viene prontamente dichiarato adottabile dal tribunale dei minori, che prelude alla sua immediata adozione.
Vi sono moltissimi potenziali genitori adottivi in lista per una adozione, e quindi non esiste il rischio che il bambino rimanga davvero abbandonato.

Si è ultimamente parlato, in Italia, di una revisione di questa regola. Questo perché il bambino, crescendo, si fa delle domande sulla sua madre biologica e inevitabilmente la ricerca.
Al momento, questo desiderio del bambino, diventato grande, viene frustrato, nel senso che l'anonimato della madre è (ancora) tutelato in modo assoluto.
Può sembrare crudele dal punto di vista del bambino adottato, ma il senso è proprio quello di evitare qualsiasi scrupolo che la madre possa avere, al momento della decisione, sul fatto di lasciare il proprio bambino. Il pensiero di essere, un domani, chiamata alle sue responsabilità di madre, potrebbe indurla a rinunciare al parto in anonimato, abbandonando semplicemente il bambino, magari in un cassonetto.

Si è parlato, ultimamente, di modificare questa regola, mettendo la possibilità per il figlio di chiedere, rispettando la riservatezza della madre, se è intenzionata a conoscerlo, e solo in questo caso può essere svelato il nome della madre segreta.
Ciò tutelerebbe la riservatezza della madre, che dà senso al parto in anonimato, ma anche il legittimo desiderio del figlio di conoscere sua madre, o quanto meno di averne una speranza.

Se volete ulteriori informazioni, è facile trovarle utilizzando parole come "parto in anonimato" e "mamma segreta" sui motori di ricerca, aggiungendo poi il nome della regione in cui si risiede. Infatti la sanità è competenza regionale, e spesso le regioni fanno norme ad hoc.
Ad esempio la Regione Toscana ha creato uno specifico progetto. Qui la locandina.
Vi sono progetti e protocolli simili in molte regioni.
Ovviamente ne sono ben informati i nostri centri di aiuto alla vita.

Su questo stesso blog abbiamo pubblicato un articolo su un caso di parto in anonimato. La figlia che è nata ringrazia la madre, chiunque sia, di non averla abbandonata. LEGGI

Papa Francesco: volontari prolife occasione di speranza e rinascita.

“Voi, aderenti al Movimento per la vita, in quarant’anni di attività avete cercato di imitare il buon samaritano. Dinanzi a varie forme di minacce alla vita umana, vi siete accostati alle fragilità del prossimo, vi siete dati da fare affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizioni di precarietà. Mediante l’opera capillare dei ‘Centri di aiuto alla vita’, diffusi in tutta Italia, siete stati occasione di speranza e di rinascita per tante persone”.

Queste le parole di papa Francesco al Movimento per la vita (Mpv), ricevendo oggi in udienza i partecipanti al 35° Convegno nazionale dei Centro di aiuto alla vita, in corso a Roma. “Vi ringrazio – ha aggiunto – per il bene che avete fatto e che fate con tanto amore, e v’incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, continuando a essere buoni samaritani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più indifese, che hanno diritto di nascere alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa.In particolare, c’è bisogno di lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozione e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprattutto in riferimento al dono dei figli e all’affermazione della dignità della donna. A questo proposito, mi piace sottolineare che nella vostra attività, voi avete sempre accolto tutti a prescindere dalla religione e dalla nazionalità. Il numero rilevante di donne, specialmente immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concreto, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della maternità”.

“Per i discepoli di Cristo, aiutare la vita umana ferita significa andare incontro alle persone che sono nel bisogno, mettersi al loro fianco, farsi carico della loro fragilità e del loro dolore, perché possano risollevarsi”. “Nelle dinamiche esistenziali – ha ricordato il Papa – tutto è in relazione, e occorre nutrire sensibilità personale e sociale sia verso l’accoglienza di una nuova vita sia verso quelle situazioni di povertà e di sfruttamento che colpiscono le persone più deboli e svantaggiate”. “Quante famiglie – ha aggiunto Bergoglio – sono vulnerabili a motivo della povertà, della malattia, della mancanza di lavoro e di una casa! Quanti anziani patiscono il peso della sofferenza e della solitudine! Quanti giovani sono smarriti, minacciati dalle dipendenze e da altre schiavitù, e attendono di ritrovare fiducia nella vita! Queste persone, ferite nel corpo e nello spirito, sono icone di quell’uomo del Vangelo che, percorrendo la strada da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo derubarono e lo percossero”. E “su quella strada, che attraversa il deserto della vita, anche nel nostro tempo ci sono ancora tanti feriti, a causa dei briganti di oggi, che li spogliano non solo degli averi, ma anche della loro dignità”.

Fonte: Sir

- See more at: http://www.paroladivita.org/Chiesa/Papa-Francesco-al-Movimento-per-la-Vita-siete-occasione-di-rinascita-per-tanti#sthash.jPiw6ETH.dpuf 

Convegno dei Centri di Aiuto alla Vita: alleati per Vita e Maternità.

Il messaggio centrale del Convegno CAV appena concluso conferma la vocazione dei volontari prolife italiani da sempre al fianco delle donne e delle mamme.

"Opporsi allo sfruttamento della vita e della maternità a fini commerciali. Lavorare per condizioni di accoglienza per la maternità, per i disabili, per gli anziani. Su questi impegni potremo trovare nuovi e insospettabili alleati." Lo ha detto il presidente del Movim:: ento per la Vita Italiano, On.Gian Luigi Gigli, a chiusura del Convegno dei Centri di Aiuto alla Vita e delle Case di Accoglienza del MpVI, nel 40° anniversario della sua fondazione.

"Dobbiamo spingere la nostra società - ha sottolineato Gigli - a coniugare etica individuale ed etica sociale, affinché tutti i diritti dell`uomo, a cominciare dal primo e fondamentale diritto alla vita, possano essere tutelati. Dobbiamo evitare discriminazioni tra essere umano ed essere umano che mettono in pericolo la democrazia. Dobbiamo ricordare che non è possibile costruire la pace senza rispettare ogni vita, anche quelle degli esseri umani più fragili." Oltre settecento i volontari da tutta Italia che hanno partecipato al Convegno, aperto dall`udienza di Papa Francesco e conclusosi con la celebrazione del 20° anniversario della Evangelium Vitae. 

"Siamo impegnati a testimoniare misericordia e compassione - ha concluso Gigli - mentre lavoriamo per diffondere la verità troppo combattuta per cui ogni essere umano è `uno di noi` e a promuovere opere di giustizia perché questa verità si affermi. E` il nostro contributo alla costruzione del nuovo umanesimo su cui i cattolici italiani si interrogheranno da domani a Firenze e di cui una società autoreferenziale per chi è più forte ha tremendamente bisogno".

Fonte ASKANEWS

Nasce la Federazione MPV CAV del Molise.

Il 20 ottobre è stato un giorno speciale per le associazioni molisane. Le sedi del Movimento per la Vita di Termoli, Isernia, Montenero di Bisaccia e Guglionesi si sono Federate. 

L'assemblea Costitutiva si è riunita presso la sede del Movimento per la vita di Termoli ed è stata presieduta da Patrizia Ciaburro, presidente di Federvita Abruzzo, in qualità di delegata del presidente Nazionale G. Gigli.      In questo modo si solidifica un lavoro che già da tempo è svolto in rete tra le varie associazioni molisane. Assente purtroppo la sede di Campobasso in quanto la presidente, Anna Maria Bernini Carri pochi giorni fa è mancata ed è stata ricordata da tutti per la sua vita spesa sempre in difesa della vita nascente.
La FEDERVITA MOLISE sarà presieduta e coordinata da Rita Colecchia, presidente della sede di Termoli, che entrerà di diritto nel Consiglio Direttivo Nazionale, Vice-presidente Anna Zarlenga Mpv Isernia, segretario Michele D'Anselmo Mpv di Guglionesi e Tesoriere Natalino Finocchio Mpv di Montenero di Bisaccia. Nuovi scenari si aprono per le associazioni mensionate della nostra regione che avranno l'opportunita di relazionarsi con il Movimento per la vita Nazionale in modo ancor più diretto e potranno usufruire di opportunità progettuali che arricchiranno le loro attività.

RC

Meglio il piccolo principe che il principe azzurro

Alla Giornata per la Vita organizzata dal MPV Fiorentino e dall'arcidiocesi di Firenze, la bellissima storia di una mamma e del suo bambino 

Era un principe azzurro quello che cercavo. Un principe azzurro che si è rivelato un ragazzo con problemi di tossicodipendenza, del quale sono rimasta incinta. Ho abortito. Lui è morto di AIDS. Sono rimasta sola. A parlare è Nicoletta. Una donna ormai matura che raccontando la propria adolescenza ricorda con amarezza gli errori commessi.

Iniziai ad abusare di sostanze. Già quando stavo con lui e anche dopo la sua morte. Arrivai al punto in cui mi dissi “O muoio definitivamente o comincio a risalire”. Fu proprio lì che incontrai un uomo con un passato simile al mio, Daniele. Daniele mi capiva, io lo capivo, avevamo entrambi dei problemi. Dopo un anno ero incinta.

Adesso il piccolo Samuele ha 7 anni. Con i suoi capelli biondi a spazzola e la sua sciarpa svolazzante nelle giornate d’inverno, è la copia esatta del Piccolo Principe della storia di Antoine de Saint-Exupéry. La sua stessa esistenza è testimonianza di vita. Sì, perché Samuele non doveva esistere. La prima cosa a cui pensai fu di abortire una seconda volta – continua Nicoletta - perché alla notizia di essere incinta mi crollò il mondo addosso. Io avevo già 42 anni, avevo fatto uso di sostanze ed ero piena di problemi. Daniele aveva una malattia al fegato degenerativa, era sieropositivo e non aveva un lavoro. Eravamo due persone che facevano fatica a badare a se stesse: come avremmo potuto tenere un bambino?
Dalla richiesta di aborto al giorno dell’intervento ci sono 30 giorni. Un mese in cui tutto cambia per Nicoletta. E’ lo stesso piccolo Samuele a farsi sentire importante. Mi hanno fatto l’ecografia: ho visto il bambino piccolo ma già formato, ho sentito battere il suo cuore. Era come sei mi parlasse. Poi ho parlato con le persone del Centro di Aiuto alla Vita di Brescia. Lì ho cambiato idea, perché ho capito che sarei stata aiutata. Ho capito che sarei stata libera: libera di avere mio figlio nonostante le mie difficoltà.

Samuele è nato sieropositivo - prosegue - ma si è negativizzato nel primo anno. Anche nei momenti più difficili dei suoi 7 anni, anche dopo la morte di Daniele, non ho mai pensato “Ma chi me lo ha fatto fare?”. Il vero aiuto del CAV, i cui volontari mi sono sempre stati vicini, non è stato quello economico: è stato avere accanto persone che sembrava che amassero Samuele già prima che io stessa capissi di amarlo.

ANDREA CUMINATTO 

Leggi dal blog di Andrea QUI

La Sardegna accoglie la Vita.

Nei giorni 12 e 13 dicembre,  presso i locali dell'ospedale SS. Trinità a Cagliari si è svolto il primo corso di formazione regionale per operatori del Centro di Aiuto alla Vita che ha volontari e operatori sanitari di tutta la regione.


"Il piccolino non ha mantello,
non ha mantello né giubbino,
e nei giorni gelati
non si lamenta del freddo.
Dormi vita e cuore,
riposa, ninna nanna!"

Così recita un canto popolare natalizio che, con grande forza espressiva, mette in luce il cuore ospitale ed accogliente della terra sarda. In un contesto regionale in cui le lacerazioni e le contraddizioni della crisi ostacolano così ferocemente le nuove nascite (la Sardegna detiene il primato nazionale di uso di sistemi ormonali come la pillola i quali sono scelti da oltre il 30% delle donne, lo scorso anno sull’isola ci sono state solo 220 baby mamme con meno di 19 anni e 2.157 interruzioni volontarie di gravidanza), nei giorni 12 e 13 dicembre,  presso i locali dell'ospedale SS. Trinità a Cagliari si è svolto il primo corso di formazione regionale per operatori del Centro di Aiuto alla Vita.

Il primo giorno ha avuto luogo la tavola rotonda della federazione regionale dei CAV, presieduta da Rosanna Chiappe. I referenti di buona parte del territorio hanno esposto punti di forza e criticità delle diverse realtà locali in un confronto appassionato e costruttivo. Alla presenza dell'On. Carlo Casini, presidente nazionale del "Movimento per la vita" e di Bruna Rigoni, responsabile dei CAV italiani, è emersa la volontà forte degli operatori di schierarsi affettivamente accanto alla persona più fragile e indifesa, sia essa donna, mamma o figlio, e di agire costantemente sulla sinfonia di quell'ascoltare pacato e di quel "donare", non pietistico, non umanitario, ma possibile "solamente" in "un cuore pieno di grazia. Un’anima generata dall’amore"(Martin Luther King). Nello spazio assembleare gli interventi dei soci hanno inoltre evidenziato il desiderio di essere destinatari di un processo formativo speciale ovvero la necessità di un'educazione che possa fornire la dotazione tecnica, psicologica e personale per aiutare a scegliere sempre per la vita.

Gli interrogativi emersi per i neo-operatori, hanno trovato riscontro nel corso della seconda giornata di formazione in cui si sono susseguite diverse relazioni dalla chiara impronta metodologica, nell’ambito dell’approccio al dialogo con la donna e alla sua presa in carico. Il dr. Tony Persico responsabile dell'Equipe Giovani MPV, ha analizzato i tipi di conflitto che possono emergere nel corso dei colloqui e le modalità con cui l'operatore deve cercare di interfacciarsi ad essi. Ha inoltre sottolineato la fondatezza di un costante approfondimento personale e l'importanza di dedicare il momento prima del colloquio alla personale disposizione all'accoglienza. Esperta di comunicazione e operatrice CAV, Giovanna Sedda ha evidenziato i limiti di approcci poco produttivi, come l’eccessivo porre in risalto la crudezza della morte del feto e l'inappropriatezza di argomenti moralistici e dogmatici. È necessario infatti che il linguaggio sia riverbero della natura accogliente di questo tipo di iniziativa.

La città di Cagliari nell'ultimo anno ha assistito all'inedita apertura delle porte di un ospedale pubblico alle attività del CAV che diviene fase attiva dell’impianto sanitario. La dott.ssa Caterina Tronci ha parlato a nome del primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell'ospedale SS. Trinità, la dott.ssa Eleonora Coccollone, e con la dott.ssa Maria Stella Leone, presidente MPV Cagliari, hanno raccontato la positività di questa nuova collaborazione.

Martina Corona
Emanuele Cabiddu

XXXIV Convegno CAV: il futuro comincia qui


Anche a Montesilvano (Pescara), convegno CAV numero 34, i giovani c'erano

« Chi di noi va al convegno CAV?» ci siamo chiesti noi del Movit di Firenze, un mesetto fa. Inizialmente non sapevamo se prendere un pulmino o cosa, poi ci sono state - causa esami universitari e tesi di laurea - diverse defezioni. Ma questo non ci ha spaventati. In quattro, pochi ma buoni, io, Lara, Travisi e Gori, ci siamo indirizzati verso Roma, e poi verso l'Aquila, e poi verso Pescara. 
Il viaggio è stato un po' lungo, ma la musica ci ha fatto compagnia. 

Appena arrivati, appena il tempo di rifiatare e inizia la prima iniziativa in plenaria: parlano Mario Adinolfi, autore di "voglio la mamma", personalità di sinistra in prima fila contro l'ideologia del gender, e Lucia Bellaspiga, giornalista di Avvenire e testimone diretta di alcuni episodi delle ultime giornate di Eluana Englaro. 
Molto, molto interessanti. 
Adinolfi è poi stato assediato da quanti avevano colto l'occasione di acquistare il suo libro e farselo autografare. Tra questi, io. 
«Perché questo apparente trionfo senza resistenze dell'ideologia gender, Mario?» gli chiedo, quando siamo da soli. «E' a causa del deserto culturale in cui siamo.» Mi risponde. 
Peccato che la penna che gli avevo dato se l'è tenuta per firmare altri autografi. Pazienza, era una biro. E non era nemmeno mia. 
Al prossimo incontro, Mario.
Nel frattempo era arrivata anche Chiara, e Tony, e sua moglie Giovanna. 
Cena abbondante e un gioco da tavolo al volo. Quando siamo distrutti (si entra subito in modalità Quarenghi) si va a letto. 

Il giorno dopo hanno inizio i lavori. Io, Anna, Lara, Giovanna e Antonella ci indirizziamo al gruppo "Sos Vita", che promette bene. A parlare c'è Giuseppe Grande, e Maria Luisa Ranallo di Udine; e conosciamo la grafica di SOS vita, Sara: il suo sorriso e la sua leggerezza ci conquistano. 
A parte un po' di manutenzione fuori orario ( siamo in tre gruppi nella stessa sala, se non ci mettiamo a cerchio e non piazziamo dei pannelli non riusciremo mai a sentire quel che diciamo) il gruppo scorre piuttosto bene. Questo team ha lavorato sodo e si vede: lo sapete che presto avremo SOS Vita, il numero verde (800 81 3000) per le donne in difficoltà, sarà presto anche una chat room? Alcuni mesi di pazienza, e vedrete che sito ti tirano fuori. 
Pranzo tutti insieme, con Maria Antonietta che ci fa compagnia mentre il povero Giuseppe, come Piergiorgio e Anna, sono prigionieri nell'altro hotel. Ma grazie ad un'abile mossa, scambiamo Anna con Maria Antonietta, così entrambe possono pranzare con chi preferiscono avere vicino.

Nel pomeriggio ci dividiamo. Chi come Trevis si lascia rapire dal gruppo baby-sitting, ottimamente condotto da Maria Chiara e Greta, che si prendono cura delle nostre pianticelle prolife. Chi come Lara diligentemente cerca un altro gruppo, dato che - ci viene detto - il lavoro tra mattina e pomeriggio è identico.
Chi invece si ricorda che non fa parte di nessun cav ed è lì per socializzare, anzi ri-socializzare, trova modalità alternative di trascorrere il tempo. 

Per chi vuole c'è la messa. Gori e Trevis se la perdono, confidando nella messa del giorno dopo che invece, a sorpresa, cambia orario spiazzandoli. 

Calano le tenebre, e dopo un'altra abbondante cena ( mai mangiato tanta pasta in vita mia, due portate mattina e sera!!) ci dividiamo, chi per un Bang al volo (dove mi hanno fatto fuori due volte, una come rinnegato e una come fuorilegge) chi per una visione di un noto film spagnolo che sta riempiendo le sale cinematografiche di Roma e non solo. 

Scopro in questi due giorni che lo scopo dei giochi per Antonella e Chiara non è tanto vincere ma farmi perdere. Credevate voi che si riuscisse a fare un Citadels senza che Chiara mi accoppasse più volte e Anna mi derubasse? Ovvio che no. 

Arriviamo a domenica: che inizia benissimo per me, con una doccia gelata (non in senso metaforico); poi in plenaria, non prima, però, di essersi fatti una passeggiata sulla spiaggia, con Giova, Trevis, Lara, Anna, Antonella, Maria Antonietta e Chiara, alla ricerca di conchiglie per una collana. 
Gli ultimi interventi, che sintetizzano quanto i vari gruppi hanno fatto. 
E poi il pranzo. 

E i saluti: chissà quando ci rivedremo. Parte il pullman del Veneto, e salutiamo Anna. Parte il pullman del Piemonte, e salutiamo Piergiorgio. 
E alla fine partiamo anche noi, salutati da Chiara e Antonella che hanno deciso di partire più tardi in treno. 
Abbiamo la nostra musica che ci fa compagnia, e un Trevis scatenato viola ripetutamente i limiti di velocità. Arrivati alla nostra amata Florence, anche noi, a rate, ci salutiamo. 

Cosa mi porto dietro, a parte una graziosa cartellina e una penna nuova? La consapevolezza che qualcosa sta veramente cambiando. Lo capisco parlando con gli altri, con i colleghi del direttivo, con Sara, con Giuseppe, con Paola. 
Stiamo finalmente per rialzare la testa. Come? Per quale motivo? Se Dio vuole, lo vedrete tutti, chiaramente, nei prossimi mesi. 

Il futuro comincia qui: mai titolo di un convegno fu più profetico. 

EMANUELE PETRILLI 
Movit Firenze e Siena




L’Incanto della Vita.

Il video realizzato per il progetto" Istanti d'emozione" del CSV di Cuneo.

Lo spot “L’Incanto della Vita” è stato ideato dal Centro Aiuto alla Vita di Savigliano, proposto all’interno del progetto “ Istanti d’emozione ” presentato e promosso dal CSV della provincia di Cuneo. Con questa visione si propone allo spettatore di vivere le piccole grandi emozioni che la Vita ci dona nel suo quotidiano: paure, gioie, ansie, serenità, solitudine, sicurezze, impegni, sogni…

Le stesse che, presi dal negativismo sociale, dalla routine giornaliera, dalla paura di stare soli con noi stessi, perdiamo o non viviamo nella loro intensità. Non vuole essere un messaggio diretto e impositivo: “ Sì alla vita a tutti i costi”, si è preferito lasciare una libera interpretazione dello spot.  

Lo spettatore in base al proprio vissuto, alla propria formazione, alla propria cultura verrà colpito da un emozione: la forza di un abbraccio, la forza dell’amore di una famiglia, la forza dell’unione tra uomo e donna, la forza del dolore, del sacrificio, la forza dell’Amore alla e per la Vita… Emozioni che fanno parte di noi, a noi,scoprirle e viverle: dalla partenza all'arrivo, dal debutto alla conclusione, semplicemente dall'inizio alla fine.

Stefania Soldano

Link al video: http://www.youtube.com/watch?v=8WqjAHC3TGI&feature=share

Ambrogino d’oro: Milano premia la vita.

L’amministrazione ha scelto di assegnare il più alto riconoscimento cittadino alla presidente del Centro di Aiuto alla Vita.


Nell’elenco dei premiati del 2013 Paola Bonzi, fondatrice del Centro Aiuto alla Vita della Mangiagalli. L’elenco dei cittadini che riceveranno l’onorificenza è stato recentemente reso pubblico mentre la consegna ufficiale si terrà come tradizione il giorno 7 dicembre. Inutile quindi la levata di scudi dei consiglieri Patrizia Quartieri (Sel) e Anita Sonego (Fds) contrari alla nomina.

Milano riconosce così l’infaticabile lavoro del centro, nato circa vent’anni fa, che presso la clinica Mangiagalli ha aiuto numerose donne a portare a termine gravidanze difficili, riconciliandosi con la maternità e la vita. Il Centro di Aiuto alla per poter offrire anche i servizi sanitari indispensabili per le mamme ed i neonati, dal 2000 gestisce il consultorio familiare Genitori Oggi.

Il compito del centro è “accompagnare le donne che incontriamo alla nuova condizione di madre, sostenendole psicologicamente e materialmente fino all’anno di vita del bambino, aiutandole così a superare le difficoltà contingenti e ad impostare correttamente la relazione con il proprio figlio”. Un servizio alla vita che da assistenza si fa vera e propria cultura della vita dirompendo anche nella vita pubblica della città, come dimostra il premio appena assegnato a Paola Bonzi.

Giovanna Sedda.



15 Novembre. La storia di Re Artù a Rapallo.

La solidarietà è di scena in Liguria.


Il Circolo culturale Fons Gemina - sorgente di idee -, con la collaborazione dell'IPASVI della Provincia di Genova, e con il patrocinio del Comune di Rapallo e delle Acli, presentano lo spettacolo Teatrale a cura della Compagnia dei genitori Istituto San Benedetto dal titolo: La storia di Re Artù presso il Teatro delle Clarisse a Rapallo - ore 21.00. 

La serata sarà di beneficenza a favore del Cav di Rapallo e Santa Margherita Ligure. L'ingresso sarà libero e consentito fino ad esaurimento posti in sala. La regia sarà di Nadia Briganti. L'allestimento è curato dalla Compagnia dei genitori degli alunni dell'Istituto San Benedetto. La manifestazione ha inoltre raccolto il sostegno dell'IPVSI, del Comun di Rapallo e dell'ACLI.

locandina (.pdf)

Convegno Cav ad Assisi dall’1 al 3 Novembre.

Volontari riuniti nella città della pace per difendere la Vita.

“Se vuoi la pace difendi la vita”. La frase di Paolo VI che guidato idealmente i giovani prolife durante il Seminario Quarenghi continua ad accompagnarci anche nel prossimo convegno nazionale dei Centri di Aiuto alla Vita ad Assisi presso l'Hotel Domus Pacis.

Il comitato organizzatore ha scelto la “Città della pace. Città della Vita” per il principale appuntamento dei volontari del Movimento per la Vita Italiano. Ad accogliere i partecipanti sarà il Sindaco di Assisi, Claudio Ricci. Ad alternarsi nei momenti di riflessione ci sarà anche Massimo Reschiglian, ex Ministro provinciale dei Frati Minori dell'Umbria, Marco Tarquinio, Direttore di Avvenire, e l’on. Gianluigi Gigli, Deputato e Docente di Neurologia presso l'Università di Udine.

Il programma declina il tema della promozione della pace e della difesa della vita nella realtà concreta del volontariato degli operatori dei CAV. Numerosi gli interventi di approfondimento a cominciare dall’intervento del Vicepresidente MPV, Giuseppe Anzani, dopo di lui altri relatori provenienti dalle realtà concrete del servizio alla vita mostreranno “l’arcobaleno” delle possibilità di intervento. Al presidente nazionale l’on. Carlo Casini spetta invece il compito di concludere i lavori presentando i risultati e le prossime fasi dell’iniziativa dei cittadini europei “Uno di noi”.

(Giovanna Sedda)


Di seguito il programma completo
venerdì 1 novembre
Ore 14.00
Registrazione

Ore 16.00
Tavola Rotonda
Città della pace, città della vita
Claudio Ricci, Sindaco di Assisi

Pace dell'uomo, pace del cosmo
Massimo Reschiglian, ex Ministro provinciale dei Frati Minori dell'Umbria

Parole di vita, parole di pace
Marco Tarquinio, Direttore di Avvenire

Scienza che salva, scienza di vita
Gianluigi Gigli, Deputato e Docente di Neurologia persso l'Università degli Studi di Udine

Ore 18.30
S. Messa alla Porziuncola

Sabato 2 novembre
Ore 9.00
La pace e la vita, un unico vangelo
Emanuele Gasparini

Ore 9.40
Pace dei morti, lotte dei vivi, derive di civiltà
Giuseppe Anzani

Ore 10.20
Le braccia aperte alla vita: il CAV luogo di pace
Antonella Bevere

Ore 11.00
Coffee break

Ore 11.20
Conoscere la fonte della vita
Rita Colecchia

Ore 11.40
L'arcobaleno dell'aiuto alla vita
Roberto Bennati
Angela Fabbri
Gianni Vezzani

Ore 13.00
Pranzo

Ore 14.30
Visita guidata ad Assisi alta

Ore 16.30
Lavori di gruppo

Ore 20.00
Cena

Ore 21.00
Intrattenimento

Domenica 3 novembre
Ore 9.00
In prima linea: SOS Vita

Ore 9.15
Comunicazioni programmate

Ore 10.15
Relazioni dei lavori di gruppo

Ore 11.00
Uno di noi, inizia un nuovo giorno
Carlo Casini

Ore 12.00

Santa Messa celebrata da Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi e Gualdo Tadino

Storie di CAV: Maria e Josè, nomi profetici, scelte importanti

Le testimonianze delle ragazze che incontrano il lavoro dei Centri di Aiuto alla Vita ci danno ogni volta un pizzico di entusiasmo in più per continuare il nostro lavoro. Perché non è importante il loro grazie in sé, ma il loro sorriso che è il vero trionfo della vita.


Questa è la storia di Maria e Josè, perché il coraggio e la forza, come l’amore per la vita, devono essere la base della coppia. Due nomi come tanti e importanti come pochi. Maria e Giuseppe, tradotti, come la prima coppia che scelse per l’accoglienza della vita nonostante le condizioni sociali ed economiche non fossero delle migliori. Maria e Josè sono originari dell’America Latina e hanno una figlia, Janet. Josè fa il meccanico e Maria è alla ricerca di un impiego perché con il solo lavoro di Josè è ormai difficile arrivare a fine mese e rispondere alle esigenze di una bambina dell’età di Janet. In questo periodo di instabilità, Maria scopre di aspettare un bambino e ne parla a Josè: entrambi sanno l’impegno che richiede un bambino, soprattutto economico tra spese mediche, alimentari, vestiario ecc.

Sono terrorizzati perché sanno di non potercela fare con quell’unico stipendio e anche basso, che a malapena bastava per tre. O meglio, doveva bastare non solo per tre, perché Josè, con quell’unico stipendio aiutava anche la sua famiglia, in forte difficoltà economica. Non ce l’avrebbero potuta fare. L’aborto era l’unica soluzione. Tutti in casa consigliavano per l’IVG. E così, insieme, hanno preso la decisione sofferta di non accogliere quel bambino. Maria va dall’assistente sociale, per parlare della sua situazione e le dice che vuole abortire e quali sono le ragioni. Ma l’assistente sociale –racconterà poi Maria- “sembrava che fosse stata messa lì, apposta per me, che mi aspettasse. 

Mi ha consigliato di rivolgermi al Centro di Aiuto alla Vita, capendo quale sofferenza e tristezza aveva generato in me quella terribile decisione che ero stata quasi costretta a prendere. Io sapevo che cosa voleva dire essere madre, per cui era ancora più difficile parlare di aborto”. Ryan ha oggi sei mesi ed è il frutto del coraggio di questi due genitori. Maria, il giorno fissato, si è presentata all’ospedale per l’aborto. Ma, mentre ero in sala d’attesa con altre ragazze, ho pensato: «Ma che cavolata sto facendo?». Ho mandato un messaggino al mio compagno dicendo: «Non ce la faccio» e lui mi ha risposto: «Esci». Ho preso il mio zainetto e sono andata via con lui. 

“Il Centro di Aiuto alla Vita è il protagonista di questa storia, nella persona che ho incontrato la prima volta. L’accoglienza che mi ha riservato, mi ha rasserenato. Non è stato tanto il sostegno materiale offerto, quanto quello morale. Di quel giorno ricordo queste poche parole che per me hanno contato tanto e ogni tanto le ricordo: «Giovane, sei forte! Ce la puoi fare». Così mi ha detto per incoraggiarmi la responsabile del centro. Sì, perché io dubitavo di me e questo mi ha dato il coraggio che mi mancava per affrontare di nuovo tutto”. Il Centro di Aiuto alla Vita continua a seguire Maria e Josè, e Juliet e Ryan. 

Maria va ogni mese al Cav per ricevere l’aiuto economico di Progetto Gemma. In realtà, l’attività del Cav va oltre l’aiuto e diventa una vera e propria amicizia, o forse fratellanza, come ci raccontano le operatrici Cav. “Quando ne sento il bisogno oppure ho qualche problema, telefono e ogni volta ho sempre la stessa sensazione di essere accolta e rafforzata; di essere seguita come farebbe una mamma, oppure una nonna che ti guida nella crescita”, dice Maria. E come ogni storia a lieto fine, la storia di Maria e Josè, ti regala un sorriso, che è più luminoso di quelli che riservi agli eventi quotidiani. Perché ha la forza della vita che brilla oltre ogni difficoltà.

(GS)

Sorelle di Vita


Una stra-ordinaria storia di CAV 

Esistono molti tipi di legame, alcuni di essi sono decisi dal dna, stabiliti a nostra insaputa e consolidati con amore ed abitudine, altri li decide la casualità con la scuola, il quartiere, l’ambiente di lavoro… il percorso di ognuno. 

A ciascuno spetta la scelta su quale conservare e quali salutare. Legame fraterno, familiare, amicale… ma come possiamo definire il filo che cuce una donna che stava per non diventare mamma con la persona che ha reso possibile la nascita di suo figlio? Ho conosciuto questa donna quando aspettava il suo primo figlio, una gravidanza inattesa, costellata di insicurezze e difficoltà oggettive, economiche e di salute. 

Tra noi è nato un legame speciale, costituitosi bozzolo intorno ad un bambino che cresceva in lei, un bambino protetto ed amato, che ha consolidato la sua famiglia ed ha permesso una reale crescita di coppia e personale.

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Il documentario di Live Action: lo spettro di Kermit sulle cliniche

“Non deve guardare, si sforzi di non guardare”: Negli USA i timori che il caso Gosnell non sia un’eccezione si fanno sempre più reali, ora un documentario scuote i sostenitori prochoice e interroga l’opinione pubblica.

No, non facciamo riferimento a Kermit the frog, la rana dei Muppet, ma alla terribile vicenda giudiziaria di Kermit Gosnell che ha fatto venire alla luce una clinica degli orrori sconvolgendo gli Stati Uniti. Spesso i volontari per la vita, con la loro gioia e il loro entusiasmo, sono chiamati a confrontarsi con una realtà dei fatti che rasenta la crudeltà. Il gruppo pro life “Live Action” ha pubblicato una serie di inchieste-video che vogliono rendere noto all’opinione pubblica quanto succede nelle cliniche degli USA specializzate negli aborti.

Il lavoro arriva in seguito al clamoroso caso di Kermit Gosnell. Proprio una delle testimonianze filmate, ci ha spinto a parlarne con i nostri lettori: una donna chiede al medico come sarà il bambino “rimosso” e il medico risponde ridendo: “non so perché ti fai tutte queste domande, fallo e basta”. Molte donne non sanno che dentro di loro esiste una vita, perché nessuno glielo hai mai detto: si fa tutto in fretta e in silenzio. L’ultimo documentario racconta la storia di una donna che ha praticato l’aborto a poche settimane di gravidanza. La procedura descritta fa, in questo caso come in molti altri, ricorso all’utilizzo di sostanze medicinali che vengono iniettate nel liquido amniotico. Una pratica simile a quella a cui è sopravvissuta Gianna Jessen e che ha ispirato il film “October baby”. 

Il protocollo seguito da consulenti e medici è a tratti raccapricciante come emerge da una delle conversazioni del documentario:
Consulente: Sta partorendo, allora non chiuda a chiave la porta della stanza d’albergo. Tenga vicino il cellulare e si sieda sul gabinetto… Non deve guardare nulla, non deve pulire nulla […].
Donna: E cosa succede se esce mentre sono in bagno?
Consulente: Semplicemente non deve guardare giù, non deve fare nulla. […] cioè se pensa che sia troppo guardarlo, beh, si sforzi di non guardarlo. Se mai si copra con un asciugamano o con qualcosa.

Molti altri dialoghi andrebbero riportati secondo un criterio giornalistico che usi lo scoop e la violenza per attirare l’attenzione. Ma noi non siamo qui per stare sul pezzo, siamo qui per servizio. E qui ci fermiamo: all’impulso della riflessione e nel pieno rispetto della sensibilità di ogni lettore che passerà per questa pagina.
Non condividiamo la disinvoltura nell’impiego di immagini forti che spesso contraddistingue alcuni gruppi prolife, ma questo non significa non voler sottolineare la violenza dell’aborto. Semmai è un voler ricordare che all’aborto c’è sempre alternativa: una possibilità di aiuto concreto che è rappresentata dai Centri di Aiuto alla Vita dislocati in ogni città italiana e il numero verde SOS Vita, attivo ad ogni ora e gratuito anche da cellulare, 800 81 3000 a cui chiedere direttamente assistenza.

Qualche domanda ai sostenitori della posizione pro choice, cioè a favore della scelta della donna, viene spontanea... Siamo sicuri che l’aborto interessi solo la donna e un “grumo di cellule”? Siamo sicuri che sia una scelta da compiere in nome della salute fisica e psichica della donna? Siamo sicuri che le donne siano realmente informate su cosa stanno scegliendo? E infine non sarebbe meglio, almeno per una volta, smettere di parlare delle donne e fermarsi ad ascoltare, per davvero, le donne?

Giovanna Sedda

Sardegna: cronaca del primo appuntamento


Mentre giungevano i primi dati positivi dell'iniziativa "UNO di NOI" con la notizia che la raccolta firme aveva raggiunto il numero base di 504.993 adesioni e  7 paesi avevano raccolto il numero minimo di firme,  a Cagliari il Movimento per la Vita ha organizzato un incontro di formazione dei soci per promuovere la cultura della vita e far conoscere i lavori dei ragazzi che hanno partecipato al Concorso Scolastico Europeo giunto alla 26ma edizione e in particolare i lavori migliori. 

Il 7 giugno nella sala Polifunzionale di Monte Claro, gentilmente messa a disposizione dalla Provincia nella persona dell'ass. Dr. Comandini, , il saluto di benvenuto è stato dato dalla dott.ssa Maria Stella Leone, Presidente del Movimento per la Vita di Cagliari, che ha anche presentato ospiti e partecipanti e ha evidenziato come lo scopo dell'Associazione sia quello di difendere la vita umana dal concepimento alla fine naturale,  anche attraverso diverse iniziative personali e collettive come appunto il Concorso Scolastico Europeo, che si è concluso il 31 marzo con la consegna dei lavori di 334 studenti di diversi Istituti Superiori della Sardegna.La Commissione esaminatrice ,costituita da esperti del mondo giovanile, ha esaminato lavori diversi per genere, dai classici temi, a disegni, video, canzoni, CD e, dopo aver stabilito dei criteri di valutazione, ha deliberato di proclamare 18 vincitori che nel prossimo autunno visiteranno il Parlamento Europeo di Strasburgo.

All'inizio della serata la dott. Leone ha letto alcune frasi significative tratte dai lavori dei giovani che hanno partecipato al concorso, dalle quali appare evidente la loro sensibilità a questi temi . La considerazione che "non c'è un momento nel quale un miscuglio di cellule diventa miracolosamente uomo" , è  una tesi  suffragata anche dalla scienza medica,ed emerge in tutta chiarezza in ogni elaborato che mostra il coinvolgimento dei giovani  . "Stiamo eliminando un essere della nostra specie come se si eliminasse con un tratto di matita". "Piuttosto che commettere un omicidio non si potrebbe convincere la donna a far vivere per poi adottare il suo bambino?"
Queste alcune delle riflessioni citate nel corso della trattazione. Anche i disegni esposti nella bacheca e i CD o le Canzoni composti sull'argomento denotano quanto sia sentito dai giovani questo problema della tutela della vita nascente anche perchè, nella maggior parte dei casi , i ragazzi fanno riferimento a vicende personali e familiari dove la vita, prima minacciata e rifiutata , poi si è rivelata la scelta non negoziabile e vincente. Come nel caso di Luca, di Guspini che proclama con forza e con gioia che la sorellina Down aveva tutto il diritto di vivere.
Vi sono dei momenti in cui l'animo dei giovani è disposto a ogni sorta di bene e di sacrificio e aspettano solo di vedere negli adulti la forza che sentono nascere timida in loro, quella forza che li indirizzi  verso il Bello, il Giusto e il Sublime. Verso quegli ideali che, come stelle comete, indicano la direzione del cammino.

Tony Persico viene da Roma, è nel Direttivo del MpV Movimento Vita, e responsabile nazionale insieme a Leo Pergamo per le attività dei Giovani. Prende il problema alle radici per chiarire che la storia del riconoscimento dei diritti umani è lunga, complessa, ma vicina all'essere conclusa: agli esordi non tutti gli esseri umani erano considerati tali; di generazione, in generazione questa famiglia umana è diventata sempre più grande. Ma ci sono ancora due estremi incompiuti, i più difficili da recuperare alla dignità di "persona", l'umanità più difficile da difendere sono i due estremi, del bambino nel grembo materno e del malato terminale.  La nostra generazione è chiamata a difendere questi due estremi. Ma è assurdo pensare che , mentre il muro di Berlino è stato abbattuto per difendere il concetto di persona, gli aborti aumentano in maniera esponenziale per soddisfare una società edonistica e consumistica che nega al feto e al malato terminale il diritto di essere tutelati come persone.

Eppure anche il diritto sta iniziando a interrogarsi: l'essere umano c'è, nonostante i vari nomi coi quali lo si chiami. Una sentenza dice che l'essere umano inizia dal concepimento, ovviamente è una delle sentenze più scandalose per i giuristi positivisti. Ma noi sappiamo , perchè il cuore e la ragione ce lo dicono, che nel concepito e nel malato terminale c'è un essere umano, questa è una VERITA' ASSOLUTA, ma l'aborto e l'eutanasia dicono che l'essere umano non è DEGNO di essere vivo, come lo si diceva per gli ebrei e per gli schiavi.
 L'umanità ha dovuto percorrere una lunghissima strada prima di arrivare all' abolizione della schiavitù, al riconoscimento della dignita femminile ecc ecc.

 E' il fatto che una persona sia viva che la rende degna, non esiste il diritto della madre all'aborto e la libertà personale non deve prevalere sulla vita di qualcuno.  Si vuole inserire il diritto all'aborto come uno dei tanti diritti civili più alla moda.Ma Toni persico afferma che tra i tanti pericoli che attaccano la vita c'è quello della rassegnazione. Siccome possiamo fare poco decidiamo di non fare niente: la RASSEGNAZIONE, "allora io dico che è cambiando la storia delle singole persone che si cambia la storia. Non è vero che se facciamo poco non facciamo nulla. Entrate nel MOVIMENTO, facciamo PICCOLE COSE CON TANTO AMORE e sperimentiamo come le persone che abbiamo aiutato ci hanno dato AMORE."La Convenzione sui Diritti dell'Infanzia riconosce che si applica il Diritto ai "figli", cioè anche agli "appena concepiti". L'essere umano sta là. Difendiamolo con determinazione. L'iniziativa UNO di NOI del Movimento e i Centri di Aiuto alla Vita si prendono cura di quelle storie che ci redimeranno e ci riscatteranno dalle tenebre di generazioni oscurantiste.

Ai tedeschi, ai russi ecc. vissuti durante i totalitarismi si chiede: dove eravate? Ma la storia va avanti e tra 20 anni di fronte a eutanasia e a aborto ci chiederanno: Voi, dove ervate? Se crediamo in Dio ci sentiremo domandare Dov'è tuo fratello? e , se non crediamo, ci chiederanno lo stesso: Voi, dove stavate mentre morivano 6.000.000 di bambini in Italia per l'aborto? Io penso,dice il dott Persico, di poter dimostrare da che parte stavo. Fate in modo che di voi si possa dire: Io stavo vicino alla mamma in difficoltà o al malato terminale.

Prende ora la parola la prof. Cristina Chiappe, vicepresidente del Centro di Aiuto alla Vita, che cita il caso di Valeria nata il 21 genn.1986 alla 23ma settimana di gestazione, per aborto spontaneo, nata e cresciuta: un caso emblematico che invita a intervenire per aiutare i prematuri che , in Giappone si salvano ora alla 21ma sett. di gestazione. Dalla sua testimonianza si evince che il 1° passo per aiutare una mamma è l'ascolto, il problema economico si risolve in fretta, il problema più difficile è quando la mamma "vuole vivere la sua vita", allora bisogna convincerla a far nascere il bambino e a darlo in adozione. A questo punto vengono distribuiti dei moduli del Centro di Aiuto alla Vita per invitare i presenti ad aderire alle iniziative del centro pro life. Si invita il pubblico presente a fare delle domande e si risponde alle domande sul Movimento a livello Nazionale. Contro 6.000.000 di bambini persi se ne contano 150.000 salvati. E' una benedizione! I movimenti per la Vita crescono, alcuni sono fondati da ragazzi!. Nessuna forma di volontariato dà più soddisfazione come il Movimento per la Vita o essere accanto alle mamme che hanno scelto di aver abortito. La strada è dura, ma siamo tanti.
QUESTI SONO GLI ANNI PER LA NOSTRA CAUSA!!!

La parola va adesso alla Sig.ra Rosanna CHIAPPE MUZZONIGRO che il 30 .09.1981 con altri fondatori aperto il Centro di Aiuto alla Vita a CAGLIARI, per offrire un aiuto alla donna che si trova di fronte a una maternità difficile e, nel corso degli anni, con pochi mezzi, ma "con la forza del rispetto alla vita", questa "piccola grande donna" e i suoi volontari hanno dato risposte alle richieste d'aiuto di donne in difficoltà per gravidanza inattesa o indesiderata. Convinta che la solidarietà riesca a vincere la solitudine dell'aborto ,la Sig.ra Rosanna ha prontamente aderito alla Federazione Nazionale, per avere un collegamento con le altre realtà e attualmente presta la sua opera con altri soci fondatori, collaboratori operatori e sostenitori. Organizza corsi per i volontari e garantisce la reperibilità dell'intervento ogni volta che si presenti la necessità della presenza del CAV.
Nella pubblicazione "30 ANNI A SOSTEGNO DELLA VITA" si ripercorrono le tappe di questa bella "avventura" e, per questo, ne raccomandiamo la lettura. A noi ci basti sapere che l'attività del CAV nel corso degli anni è stata ampliata con l'apertura della "Casa Gioiosa" e della "Casa Corpino"per aiutare mamme e bambini in difficoltà abitative e non solo.

La Presidente del Centro si presenta con un bel biglietto da visita: 500 bambini salvati,  e dice ...ci piacerebbe vedere raddoppiare annualmente  il numero di palloncini che volano nel cielo di Cagliari come simbolo dei bambini salvati dal CAV... e il nostro sogno nel cassetto è...una casa con un bel giardino in cui far giocare i nostri piccoli ospiti! La Presidente Leone da ora la parola alla Sig.Veronica  che viene da Olbia, che sotto forma di intervista riferisce la sua esperienza di un aborto "terapeutico". Vuole divulgare la sua dolorosa esperienza per 3 motivi :
1) far vedere che c'è un lutto; 2) dimostrare che i medici incentivano lo spauraccio della disabilità per convincere la donna ad abortire, ma così facendo la espongono al dramma dell'aborto;3) rendere noto che servirebbero strutture e figure che aiutino nei casi problematici , anzichè pensare solo a risolvere il problema facendo giustizia sommaria, cioè SERVONO dei CENTRI di AIUTO alla VITA negli OSPEDALI !!!

Si passa poi a un'altra toccante testimonianza, quella di Angela, una mammma coraggiosa che ha adottato una bambina malata che ha vissuto con la sua famiglia 20 anni prima di morire. Ciò dimostra che ci sono famiglie che accolgono, perciò bisogna diffondere questa cultura della vita. Dulcis in fundo, la Sig.ra Chiappe rivolge ai giovani una testimonianza particolarmente toccante: è il caso di una donna stuprata, rivoltasi al Centro di Aiuto alla Vita di Cagliari, una donna che dopo tanta sofferenza , decide di dare  lo stesso alla luce il bambino frutto della violenza e poi lo da in adozione. La serata si è conclusa con un bel rinfresco nelle sale della Congregazione dei Padri Mercedari presso la Basilica di Bonaria, mentre Silvio Sanna e una mamma all'VIII mese di gravidanza ,Carla Sanna, hanno curato il servizio fotografico.  

Un caro saluto da Cagliari, Gabriella Melis, socia del CAV

Intervista a Veronica: "non vuoi credere che sia successo a te"

La storia di Veronica in una intervista: 30 domande per scoprire la bellezza della vita anche dietro le difficoltà più grandi: "Quel giorno è impresso a fuoco nella mia mente", eppure... "La mia famiglia è la mia ricchezza e questa è la sua storia". 

Ciao Veronica, puoi presentarti? Quanti figli hai? 
Mi chiamo Veronica, ho 37 anni sono sposata con Antonello da 7 anni e con i nostri figli viviamo ad Olbia. Sono mamma di due bimbi e di un angelo in cielo. 

Vuoi parlarci del tuo primo figlio? So che si chiama Michele. 
Michele ha oggi 6 anni, è stato un bambino fortemente voluto da me e dal suo papà. La gravidanza è decorsa normalmente e lui è nato il 5 giugno del 2007. I suoi primi anni sono stati quelli di ogni bambino che cresce, acquista competenze. Tuttavia il suo sviluppo appariva a volte anomalo. Ha iniziato a camminare a 17 mesi e il linguaggio ha tardato ancora di più, fino ai tre anni e mezzo. 
Era un bambino felice, a volte solare a volte più taciturno, talvolta assente. Aveva delle strane preferenze che si tramutavano in vere fissazioni, come quella per numeri e lettere; Michele ancora non camminava ma conosceva già le lettere dell'alfabeto. Era spesso irascibile e lo imputavamo al fatto che non riuscisse a spiegarsi verbalmente. 

Quindi avete notato delle particolarità, un’intelligenza che gli conferiva delle doti insolite, ma al tempo stesso avevate il dubbio che ci fosse un problema riguardo la comunicazione del bambino. A chi vi siete rivolti? 
Intorno ai due anni e mezzo, spinta dal dubbio, l'ho portato al reparto di neuropsichiatria della mia città dove lo hanno preso in carico iniziando con sedute di psicomotricità e logopedia. Pian piano intorno ai 3 anni ha iniziato a dire qualche parolina. Stava iniziando il suo recupero. 

Quindi, stavate superando delle difficoltà, stavate conoscendo il vostro ruolo di genitori, le prime preoccupazioni e le responsabilità. C era ancora il sospetto di una patologia ma non avevate diagnosi. Veronica, a fine agosto 2010, quando Michele aveva 3 anni, scopri di essere nuovamente incinta. Stavolta la gravidanza era cercata? 
Stavolta non cercato. Comunque, abbiamo accolto la notizia con estrema gioia, ci sembrava il giusto proseguo per la nostra famiglia. La gravidanza andò avanti normalmente fino all'ecografia morfologica. 

Dunque alla 21esima settimana di gravidanza fate la scoperta che nessun genitore vorrebbe mai fare. Che ricordo hai di quel giorno? 
Quel giorno è impresso a fuoco nella mia mente. Ricordo l'impaccio dell'ecografista che non sapeva come darci la notizia e la sua frase “c'è un problema” la ricordo come uno schiaffo in piena faccia. La sentenza fu “mielomeningocele con sindrome di Chiari e idrocefalo” che per i più si traduce in spina bifida nella peggiore delle sue forme. Era una bambina. 

Conoscevi la patologia detta”spina bifida”? I medici ti hanno comunicato questa diagnosi e ..ti avranno anche fornito delle soluzioni terapeutiche per la bambina. 
Non conoscevo questa patologia, mi sembrava solo una nome impronunciabile. Il medico subito ci paventò l'unica ipotesi per lei fattibile: l'interruzione volontaria della gravidanza. 

Il cosiddetto aborto terapeutico. Cioè un interruzione volontaria della gravidanza, che secondo alcuni è un atto terapeutico per una madre che rischia una depressione post partum qualora le nasca un figlio malato. La diagnosi di spina bifida fu confermata? 
La diagnosi fu confermata e l'unica via ancora una volta indicata era l’interruzione di questa gravidanza. Fui inviata a Cagliari e ricordo un colloquio di pochissimi minuti con il primario che entrò nella stanza senza nemmeno sedersi e allontanarsi troppo dall'uscio nell'urgenza di uscire, che mi disse che di bambini cosi non ne nascevano più. Li per li non capii bene se intendeva dire che la mia bambina non sarebbe sopravvissuta e gli chiesi se ne aveva mai visto uno, mi disse di si ma in sedia a rotelle e con grave ritardo mentale. Frettolosamente come era arrivato, se ne andò. 

Quindi tu hai percepito chiaramente da parte dei medici che interrompere la gravidanza era l’unica scelta da fare e hai visto negli stessi medici il terrore della disabilità. Magari ad Olbia, altri medici ti hanno dato consulenze più approfondite e qualche parola di speranza …o qualche parola su come si possono affrontare le disabilità… 
Tornati ad Olbia nel colloquio successivo ancora mi si confermò il quadro disastroso: sua figlia non camminerà mai, non avrà mai il controllo sfinterico, avrà un grave ritardo intellettivo e subirà una serie infinita di interventi chirurgici a partire dalla nascita. 

Cosa provavi prima di scegliere cosa fare? (...ammesso che tu senza un colloquio adeguato abbia potuto scegliere, forse ti saresti sentita un incosciente a NON interrmopere la gravidanza) 
I sentimenti che si susseguono in quei momenti sono terribili. Non vuoi credere che sia successo a te, non puoi realizzare che devi decidere e che una delle alternative prevede una scelta di morte. Non vuoi staccarti dal tuo bambino che scalcia e si muove e si fa sentire vivo, eppure si vive un terrore che raggela. 

Ma pensi anche che tuo figlio dovrà soffrire molto… 
... e nessuna mamma vuole mettere al mondo un figlio per vederlo soffrire, temi che questa brutta malattia non gli consentirà di essere “normale”. Pensi a tutta la famiglia, a come puoi pensare di essere cosi egoista da imporre al fratello più grande e al padre, un figlio ammalato. 
Hai paura, terrore della “disabilità”, quel mondo che fa tenerezza ma solo finchè capita agli altri. I giorni che ti separano dal parto indotto, diventano agonia e l'unica cosa che desideri è che finiscano in fretta nella speranza che si giri pagina, che finisca l'incubo. Ricordo che a tratti immaginavo di accettare quella bambina, pensavo a come potermi organizzare, forse cambiare casa... 

E cosa provavi in quei momenti in cui cercavi delle soluzioni diverse dall’aborto terapeutico? 
In quei momenti tornavo a gioire della gravidanza e della sua presenza. Poi tornava la paura, sempre più pungente. 

Si, ma.. una volta fatto, tu hai sentito sollievo alla tua pena? 
Finito l'incubo inizia l'inferno. La procedura è disumana e ti mette a contatto con quel dolore che servirebbe a dare la vita e invece, in quel caso, da la morte. La mia bimba l'ho vista, l'ho tenuta con me per qualche minuto, era bellissima e perfetta nonostante la sua evidente malformazione. Ho potuto solo salutarla. 
Quello che segue è l'elaborazione, lunghissima,forse eterna, di un lutto. Una scelta contro natura, consapevole che una madre dovrebbe proteggere i figli e non mandarli a morte. Vivi ogni giorno un dolore sordo e profondo, che non ti abbandona più. 

Tutto questo accadeva a dicembre 2010. E il primo figlio, Michele, intanto come cresceva? 
Intanto Michele proseguiva terapie, ma la neuropsichiatra riteneva che i suoi progressi non fossero adeguati, c'era qualcosa che non andava. Dopo poco arrivò la diagnosi fu “disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato”. 
Ci dissero che non era proprio autismo ma un disturbo dello spettro autistico e che senza ritardo mentale la prognosi era migliore. Il viaggio di ritorno lo ricordo come un lungo silenzio. Qualcosa mi era sfuggita. Ripensavo al medico che mi parlava di disabilità, di pratiche per ottenere l'invalidità, di terapie per l'autismo. 
Solo dopo qualche giorno e dopo un po di ricerche sul web ho capito che l'autismo è autismo e che le definizioni lasciano il tempo che trovano. 

Dunque Michele è un bimbo autistico... 
Si, ma è uno splendido, straordinario bambino autistico. Ha quella luce negli occhi che sembra arrivare da un altro pianeta, lui sa già tutto di questo mondo, molto di più di tutti noi. Questa è la sensazione che si vive a contatto con loro, bambini autistici, che siano di un altro mondo che quasi siano superiori alla nostra piccola umanità e come tali ne rimangono fuori. 

Ti sei mai ritenuta una mamma “SFORTUNATA”in quanto mamma di un figlio con una disabilità come l’autismo? 
Michele è il bambino giusto per noi, noi non saremmo ciò che siamo se lui non fosse come è. Ringrazio il Signore che l'autismo non si veda in ecografia altrimenti,forse, non l'avrei mai conosciuto e avrei perso la più grande occasione di crescita della mia piccola esistenza. 

E così, dopo aver dovuto affrontare il lutto –come lo definisci tu- dell’aborto terapeutico, fatto per evitare una disabilità che i medici ritenevano inaccettabile, hai scoperto che eri già mamma di un bambino con disabilità. 
E cosi ci trovavamo a fare i conti con la tanto temuta disabilità. La avevamo rifiutata, temuta come se fosse la peste, e avevamo avuto la presunzione di scacciarla dalle nostre vite. E invece ci aveva già scelto e noi non lo sapevamo. Oggi vivo la disabilità di mio figlio come una grande opportunità di crescita che, con rammarico,mi sono negata nel caso dell'altra mia figlia. Ecco perchè adesso penso che quella mia bambina non l'ho salvata, l'ho perduta. 

Hai avuto la prova che amavi tuo figlio, e che lo amavi così com’è. E la terza gravidanza com’è arrivata? 
Intanto passavano i mesi e il pensiero di quella piccola perduta non mi abbandonava. Cercavo una nuova gravidanza nell'illusoria convinzione che potesse sostituirsi alla precedente. Dopo 6 mesi ero ancora incinta. Mi sentivo felice, volevo riprendere quel percorso interrotto. Le paure erano molte ma tutti mi dicevano che stavolta sarebbe andato tutto bene e che non poteva ricapitare. 
Invece non è andata cosi. I primi problemi si sono palesati intorno all'11esima settimana, all'ultrascreening esame che incrocia i dati di tn e bitest. Il risultato era 1/50 per sindrome di down, avevo una possibilità su 50 che questo bambino avesse una qualche anomalia cromosomica. Fui spedita immediatamente a Cagliari ad effettuare una villocentesi. 

La villocentesi è un esame invasivo che analizza il corredo cromosomico dei villi coriali, parte del tessuto placentare che dovrebbe essere uguale a quello fetale. Dovrebbe…Quale fu il risultato? 
Effettuato l'esame trascorsi 2 settimane di infinita attesa. Una mattina arrivò la chiamata della genetista che per prima cosa mi chiese se ero ancora incinta, l'esito era trisomia 16 omogenea, incompatibile con la vita. 
Corsa in ospedale per verificare se il battito persisteva e lei era li, era ancora una bambina. 

Come hai vissuto questa gravidanza, alla luce di quanto era già successo e di quello che nella tua vita avevi acquisito come certezze? 
Da quel momento iniziava un percorso tutto in salita che mi riportava a contatto con quelle terribili paure della gravidanza precedente. Io e Antonello parlammo e decidemmo da subito che questa volta saremmo andati avanti. D'altro canto io ero sicura di poter gestire un'altra disabilità in famiglia ma ero altrettanto certa che non avrei retto emotivamente una nuova interruzione. Cosi procedemmo preparandoci al peggio. 

Ma la trisomia 16 non è incompatibile con la vita? 
Si, infatti non ci si spiegava come fosse possibile che io fossi già alla 15esima. L'unica possibilità era che si trattasse di una trisomia placentare e che la bimba o fosse sana o fosse affetta da mosaico (presenza linee cellulari normali e linee cellulari trisomiche). 

A cosa rischiavate di andare incontro, comunque? 
Quello a cui andavamo incontro era: anomalie cardiache, dismorfismi,parto prematuro, difetto di crescita intrauterino, morte intrauterina o neonatale.) Ci fu proposta per la seconda volta l'interruzione, che noi rifiutammo. 

Tuo marito era deciso come te? 
La decisione di proseguire la gravidanza fu di entrambi. Probabilmente, seppur in maniera diversa, mio marito aveva vissuto e stava vivendo il lutto per quella bambina persa e anche per lui fu da subito chiaro che l'interruzione non era più un'ipotesi proponibile per noi. 

Immagino che stavolta, nonostante le preoccupazioni, ti sia sentita in qualche modo…più forte. Premetto che sono un medico quindi ora la mia domanda è di pura curiosità, non ho nulla contro la classe medica: Qual ‘è stato l’atteggiamento dei medici di fronte alla scelta, tua e di tuo marito, di proseguire la gravidanza? 
Dopo poche settimane tornai ancora a Cagliari per effettuare nuova eco di controllo e riscontrarono una lieve dilatazione di ventricoli cerebrali che poteva indicare un potenziale idrocefalo, la bambina iniziava a non crescere come doveva. Con quest'altro esito i medici ci paventarono ancora l'ipotesi di interrompere. 

Per la terza volta vi hanno proposto l’aborto terapeutico. 
Per loro un bambino che nasce malato è un potenziale problema,un bambino abortito è un potenziale problema risolto. Alcuni medici obiettori hanno dimenticato la vera ragione dell'obiezione di coscienza che è quella non solo di non praticare aborti ma di dare anche sostegno alle madri che si trovano in tali condizioni, fornendo quante più informazioni possibile. Insistettero per farmi fare l’amniocentesi, e alla fine accettai. 

Chi ti ha aiutata, visto che da parte tua quest’amniocentesi era fatta veramente in buona fede, cioè non per abortire in caso di anomalie, ma per arrivare ad una diagnosi, per il bene di tua figlia! 
Ero ormai alla 19esima settimana. Iniziai a muovermi alla ricerca di informazioni e entrai in contatto con l'associazione “la quercia millenaria” che si occupa di dare assistenza alle mamme con diagnosi prenatale infausta talvolta terminale. 
Tramite loro riuscii ad ottenere una eco morfologica al centro di diagnosi prenatale di terzo livello del Gemelli a Roma con il prof. Noia. Fu un'ecografia molto approfondita e purtroppo le cose non sembravano volgere al meglio. La dilatazione dei ventricoli era aumentata e in più non era possibile visualizzare il corpo calloso. Il prof. Noia mi disse che la situazione non era rosea, la crescita era ai minimi. 

E poi…finalmente, con esami approfonditi come questi, arriva una buona notizia!..Cosa ti hanno, come risultato dell’amniocentesi? 
Arrivarono gli esiti dell'amniocentesi: su 12 cellule esaminate solo una era trisomica per cui plausibilmente si trattava di un caso di trisomia placentare anche se il mosaico non era possibile escluderlo del tutto. 

Il resto della gravidanza è stato sempre un combattere di questa bimba per la vita, ma aveva voi genitori e un meraviglioso fratello che che la aspettavate.. 
Si, fui ricoverata in Sardegna dalla 21esima settimana e alla 27esima settimana fui trasferita a Roma, al Gemelli appunto,visto che al quadro si era aggiunta una minaccia di parto prematuro. Cosi mi ritrovavo lontanissima da casa e soprattutto da Michele che mi mancava moltissimo e che soffriva la mia ormai prolungata assenza. 
Il rapporto con alcuni medici fu conflittuale in quei mesi, non riuscivano a capire perchè avessi deciso di andare avanti con la gravidanza e mi facevano firmare carte su carte per sollevarsi da responsabilità potenziali in qualunque caso. Ho affrontato chi mi diceva di non affezionarmici troppo che in fondo si trattava solo di un feto, e anche chi mi diceva che la natura fa il suo corso e che questi feti o muoiono prima di nascere o subito dopo. 
Intanto cercavo su internet storie e informazioni. Riuscii a trovare l 'unica associazione esistente al mondo di famiglie con bimbi con trisomia 16 a mosaico,vidi le loro foto e la loro storia e capii che infondo stavano bene,che le complicazioni che insorgevano erano risolvibili. Pochissimi erano i casi che realmente finivano in morte. 

Francesca nasce il 21 febbraio 2012 con cesareo d'urgenza... 
Il peso era di 1,500 kg e lei era bellissima e soprattutto stava bene. Fu messa in incubatrice in terapia intensiva neonatale ma non aveva nemmeno bisogno dell'ossigeno, respirava autonomamente. 
Vederla dopo la nascita fu una grande emozione, tutte le paure si dissolsero, era una bambina perfetta. 

Gli esami che furono fatti successivamente confermarono la dilatazione dei ventricoli cerebrali e la presenza del corpo calloso che è presente e normalmente conformato... 
Dal punto di vista genetico Francesca ha un cariotipo normale ma i suoi due cromosomi 16 sono entrambi miei. Sul referto di genetica c'è scritto “sostanzialmente non patogenetica”. 

Oggi Francesca ha 15 mesi, sta bene? 
Si, e nonostante il suo sviluppo sia tutto da farsi noi viviamo un cauto ottimismo. 

E… Michele? 
Michele continua le sue terapie e migliora di giorno in giorno. Entrambi sono per noi una ricchezza inestimabile. 

Veronica, dovendo terminare, ti ringraziamo per questa importante testimonianza,ci hai raccontato cose molto personali, e ti chiedo un’ultima cosa: guardando la tua famiglia cosa ci dici …così, pensandoci a bruciapelo? 
La mia famiglia è la mia ricchezza e questa è la sua storia. 
 
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