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Europa: licenza di uccidere.

Non un film ma il risultato della discussione nel Parlamento Europeo del Rapporto Tabarella: l’aborto spacciato per diritto umano.

Da tempo una delle principali preoccupazioni degli europarlamentari del partito socialista sembra essere quella di guadagnare, a suon di votazioni, una licenza di uccidere per tutti i paesi membri attraverso la piena legittimazione dell’aborto nell’Unione Europea. La propaganda abortista del resto da anni imperversa nelle istituzioni e nelle organizzazioni internazionali, come da tempo segnaliamo sul nostro blog (vedi qui se vuoi saperne di più).

Nel dicembre 2013 ci fu il tentativo di far passare l’aborto come diritto attraverso la Risoluzione Estrela. Per chi non lo sapesse, la risoluzione su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che prende il nome dalla firmataria Edite Estrela, è un testo non vincolante del Parlamento Europeo che proponeva la qualificazione del “diritto all’aborto”, nella forma di diritto umano, senza alcuna concessione al diritto alla vita del concepito. All’epoca la proposta Estrela non giunse mai in votazione all’emiciclo parlamentare.

La storia si ripete: il deputato socialista Tarabella presenta l’ennesimo rapporto, questa volta su “Uguaglianza tra uomini e donne nella UE”. Questa volta il Rapporto viene approvato a larga maggioranza (441 voti a favore, 205 contrari, 52 astenuti). Così il Parlamento di Strasburgo definisce l’aborto come elemento del diritto alla salute sessuale e riproduttiva e per questa ragione va reso sempre più accessibile. Una vera e propria legittimazione di tutte quelle pressioni politiche che spingono sempre più per il libero accesso all’aborto.

La votazione di Strasburgo porta nuovamente l’Europa in contrasto la difesa della vita. Nemmeno un anno fa la Commissione Europea disattendeva la richiesta di riconoscere i diritti del concepito attraverso l’iniziativa “Uno di noi”, firmata da due milioni di cittadini. 

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(Foto CC waltercolor .European Parliament Strasbourg 41)



Obiezione di coscienza e legge 194: l'eccezione alla regola.

In un clima d’antagonismo nei confronti dei medici obiettori, accostare il tema della laicità dello Stato a quello dell’obiezione di coscienza è divenuto un tabù, sul quale è concesso discutere solo in certi ambienti e a determinate condizioni. 

Oggi uno Stato autenticamente “laico” è quello che riconosce il diritto ad abortire e che tenta di circoscrivere il più possibile quello ad astenersi, come sembra emergere anche dalle considerazioni che hanno portato il Consiglio d’Europa ad accogliere il reclamo presentato alla Ong “International Planned Parenthood Federation European Network” che accusava l’Italia, a causa dell’alto numero di obiettori, di non garantire l’applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza.

La relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78 presentata al Parlamento il 13 settembre 2013 evidenzia come anche in Toscana, al pari di molte altre Regioni italiane, dal 1983 al 2011 il numero degli obiettori tra i ginecologi sia cresciuto dal 51% al 65,8%. Davanti a questi dati, il pubblico si divide e sembra prevalere chi afferma che siamo di fronte a una compromissione del diritto di ciascuna donna all’IVG. Ma c’è ancora chi sceglie il dibattito, chiamando a parlare esperti medici, legali e religiosi, come è avvenuto all’ospedale Careggi di Firenze dove, venerdì scorso, i ragazzi del Movit - l’associazione universitaria dei giovani del Movimento per la Vita - di Firenze e Siena e quelli del Movit dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo “Laicità dello Stato e obiezione di coscienza”.

L’incontro, moderato da Lucia Leoncini, magistrato ordinario in tirocinio, è iniziato ricordando il significato autentico di laicità dello Stato, che non significa “indifferenza”, ma piuttosto il riconoscimento di un’incompetenza degli organi pubblici a giudicare le istanze interiori del singolo e che implica, quale corollario a questa garanzia di non intromissione, l’imparzialità dello Stato medesimo. A seguire Francesco Zini, ricercatore di Filosofia del diritto dell’Università di Verona ha illustrato i profili tecnico-giuridici dell’obiezione di coscienza, ricostruendone la storia in qualità di “eccezione a una norma giuridica” ma che, in quanto prevista e disciplinata dalla legge, deve comunque essere adempiuta.

Tra i relatori, Jean- Marie Mupendawatu, segretario del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari ha richiamato i cattolici all’impegno in difesa della vita in tutte le sue fasi, portando ad esempio la lettera che nel 1990 l’allora re del Belgio Baldovino scrisse in occasione della sua sospensione dalla carica per evitare di controfirmare la legge che avrebbe legalizzato l’aborto nel suo Paese. In chiusura è intervenuta Donatella Nannoni, medico ginecologo. La dottoressa con la propria testimonianza ha evidenziato l’importanza di partire dall’esperienza per individuare i problemi di ogni singolo caso e per far emergere proprio dai bisogni della donna la soluzione migliore da adottare, nell’ottica di intraprendere insieme a lei una strada alternativa all’IVG. Emerge dunque un dovere del medico il quale, “in scienza e coscienza”, è chiamato a tentare di salvare il proprio paziente, per quanto piccolo, nascosto ed indifeso egli sia.

Eleonora Gregori Ferri.

La marcia contro la vita.

In Italia si festeggia la vita, in Belgio si marcia per difendere l'aborto.

L'aborto è la soluzione. Con questo striscione si apriva ieri sera la manifestazione delle associazioni femministe a Bruxelles. La manifestazione aveva come scopo quello di protestare contro la riforma della legge spagnola Gallardón, cioè la legge sulla IVG che ridurrebbe l'accesso all'aborto per le donne spagnole. La manifestazione ha contato però la partecipazione di circa 2000 persone - secondo l'organizzazione- un numero discutibile vista la massiccia pubblicità degli europarlamentari socialisti e verdi e la sponsorizzazione di molteplici sigle sindacali del Belgio.

Tra le sigle anche la European Humanist Federation (EHF), Abortionright.eu, the European Women’s Lobby (EWL) e l'International Planned Parenthood Federation (IPPFEN). Dall'altro lato, si ricorda la Marcia per la Vita di Parigi di domenica 19 gennaio che ha contato la partecipazione di oltre 40 mila persone appena comparsa sui media. La campagna elettorale europea è iniziata e lo si vede dai recenti avvenimenti proprio sul dibattito Vita-Aborto. 

Prima con la relazione Estrela[1], la quale ha partecipato attivamente alla manifestazione pro-aborto, che è stata bocciata in sessione Plenaria a Strasburgo a dicembre, poi con la richiesta dei socialisti europei di una partecipazione attiva della Commissione Europea per la difesa del fantomatico "diritto all'aborto"[2] in Spagna (con una petizione firmata da solo 230 Parlamenti Europei su un totale di 751), anche questa respinta dal Commissario Europeo Kallas. 

A rendere ancor di più l'aria frizzante la situazione spagnola, il governo socialista di Hollande, che perdendo consensi cerca di unire le forze su tematiche sensibili, e sicuramente l'Iniziativa dei Cittadini Europei "Uno di Noi" che ha raccolto l'adesione di più di 1.8 milioni di persone. Possiamo dire che in Europa si ha il ritorno della tematica che ha scosso la società negli anni '70 e per questo è necessario che tutto il popolo della vita torni a far sentire la sua voce soprattutto durante una delle campagne elettorali più difficili della storia del nostro continente.

Giovani prolife / AT

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[1] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2f%2fEP%2f%2fNONSGML%2bREPORT%2bA7-2013-0426%2b0%2bDOC%2bPDF%2bV0%2f%2fFR
[2] La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha affermato nel caso A, B e C contro Irlanda (16 dicembre 2010) che: "The art. 8 cannot be interpreted as conferring a right to abortion" (par. 214) perché "whenever a woman is pregnant, her private life becomes closely connected with the developing foetus".

Estrela: nuove ombre sul voto.

Nuovi dubbi legati al servizio di traduzione del Parlamento Europeo si aggiungono alle polemiche interne al Partito Democratico.

Il mancato voto della Risoluzione Estrela, surclassata dall’approvazione di una risoluzione alternativa del Partito Popolare  Europeo, continua a far discutere. La risoluzione alternativa del PPE è stata infatti approvata con appena sette voti di scarto, tra questi sei sono eurodeputati italiani del PD. Il loro voto non è stato determinante, la risoluzione sarebbe stata ugualmente approvata per un voto, ma ha scatenato l’ira della sinistra favorevole alla risoluzione Estrela.

Sul sito di Repubblica i sei voti italiani sono stati spacciati come i “sette voti determinanti”, ma la matematica almeno qui non è un opinione. Il risultato è dovuto alla compattezza del voto popolare come abbiamo spiegato nei giorni scorsi (leggi l’articolo qui). Ma proprio sul voto generale ora arriva un nuovo sospetto raccolto dal sito del Corriere TV. Quando l'eurodeputata portoghese Edite Estrela ha preso la parola per un errore di traduzione dal portoghese è sembrato che chiedesse di non votare per il suo provvedimento.

Lo scontro sulla risoluzione Estrela si smorza nonostante il provvedimento comunque non avrebbe avuto alcun valore vincolante per gli stati membri dell’Unione europea. È questo probabilmente il principale segnale rivelatore della radice ideologica della proposta abortista, che sempre più cerca di associare diritti riproduttivi, libertà sessuale con un presunto “diritto all’aborto”. Paolo VI aveva lanciato un invito profetico: “se vuoi la pace difendi la vita”. Ma l’ideologia non si cura della contraddizione tra la vocazione europea alla pace e la promozione dell’aborto. Per l’ideologia contano solo i risultati: e questa volta ha vinto la vita!

Giovanna Sedda

I conti non tornano: la verità sul voto Estrela.

Votazione Parlamento Europeo Estrela
L’aborto non è un diritto titolava Avvenire dopo la mancata approvazione della “risoluzione Estrela” da Parte del Parlamento Europeo. La discussione sul voto è ancora aperta, cerchiamo di capirne i retroscena.


Ma cosa conteneva la risoluzione, come è andata la discussione parlamentare, quale valutazione politica, sono tutte domande a cui la nostra stampa ha dato risposte diverse, addirittura discordanti. Cerchiamo di capire insieme. Per chi non lo sapesse, la risoluzione su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che prende il nome dalla firmataria Edite Estrela, è un testo non vincolante del Parlamento Europeo proposto dal Partito socialista-democratico. Il testo proponeva la qualificazione del “diritto all’aborto”, addirittura nella forma di diritto umano, senza alcuna concessione al diritto alla vita del concepito.

Ancora una volta –si stuferanno alla fine?- viene riproposta l’associazione tra diritti sessuali-riproduttivi e il diritto all’aborto che di riproduttivo –evidentemente- ha ben poco. Anche sul profilo della salute della donna perseguita attraverso l’aborto esistono pensanti riserve, basti pensare alla sindrome post-aborto: appare evidente l’ennesimo tentativo ideologico di voler nascondere l’umanità del figlio concepito, il suo diritto alla salute, addirittura alla semplice esistenza. La risoluzione Estrela è stata in una parola la riedizione europea della propaganda abortista che da anni imperversa nei contesti internazionali e che da tempo segnaliamo sul nostro blog (vedi qui se vuoi saperne di più).

La cosa emblematica è che la risoluzione tanto discussa, in realtà non è stata mai discussa dal Parlamento Europeo, ne tanto meno bocciata. Alla prima presentazione, nel mese di ottobre, il Parlamento rinviò l’esame a dicembre. Cosa è successo a questo punto? Il Partito Popolare Europeo ha presentato una risoluzione alternativa approvata dal Parlamento. Ciò ha fatto “decadere” la proposta Estrela che in questo modo non ha mai varcato la soglia dell’emiciclo parlamentare. La votazione sulla risoluzione del PPE ha visto 334 sì, 327 no e 35 astenuti.

Il merito di questo risultato politico è e rimane del PPE che ha preparato la proposta e l’ha votata in modo compatto. A ricordarlo è Eugenia Roccella che sull’Occidentale ha descritto la risoluzione Estrela come “n testo puramente ideologico anche perché i paesi che hanno attuato questo tipo di politiche (per esempio Svezia, Francia, Inghilterra) sono quelli con le maggiori percentuali di aborti in assoluto, e con spaventosi tassi di gravidanze e aborti tra le minori. Si tratta quindi di politiche fallimentari, che non dovrebbero essere esportate e proposte come buone pratiche” (leggi l’articolo qui).

L’astensione degli eurodeputati PD rappresenta un importante segno di contraddizione, ma chi vuole affidare a loro il risultato ottenuto lo fa in modo strumentale. Al contrario di quanto sostenuto da diverse testate “di sinistra” l’astensione di alcuni europarlamentari italiani non è stata decisiva per il voto: erano sei, non sette. L’Huff. Post di Repubblica spacciandoli per sette cerca di attribuirgli la responsabilità del risultato creando così un “vergognoso” incidente per il Partito Democratico. Vergognoso è che non sappiano contare nemmeno fino a dieci. Si legge testualmente “I 'magnifici' sette eurodeputati cattolici del Pd? Il capo-gruppo David Sassoli, Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi e Patrizia Toia”. Contateli anche voi. I magnifici sette sono in realtà soltanto sei.

Le valutazioni politiche sulla vicenda infatti sono diametralmente opposte a seconda della provenienza ed entrano nel vivo della novità della sinistra italiana. I sei “dissidenti” sono stati subito additati come “renziani” tracciando un solco sui temi bioetici. Da una parte chi grida al tradimento dell’ortodossia ideologica, dall’altro chi spera in una possibilità di dialogo sulla bioetica durante la segreteria targata Renzi.

L’associazione degli atei ha prontamente parlato di “condotta fuorviante e brutale”. Apre una finestra invece Tempi.it intervistando l’eurodeputata, disobbediente, Silvia Costa che ha spiegato così la propria astensione: “Innanzitutto perché la relazione Estrela non bilanciava l’aborto con il diritto del nascituro e perché il diritto alla vita veniva completamente ignorato. Inoltre perché eliminava l’obiezione di coscienza, promuoveva l’accesso diretto delle minorenni all’aborto senza il consenso dei genitori e la procreazione assistita per single omosessuali” (leggi l’intervista qui: Tempi.it).

Giovani verso l’Europa (Strasburgo arriviamo)!


Conto alla rovescia per più di cento ragazzi che partiranno per Strasburgo, grazie al Movimento Per la Vita che li ha premiati nella XXVI° edizione del Concorso scolastico europeo intitolato “Uno di noi”.
La riflessione parte dall’iniziativa che ha visto il MPV impegnato da Novembre 2012 per un anno, per la raccolta di firme destinata a far riconoscere il bambino concepito come persona umana, chiedendo all’Unione europea di interrompere i finanziamenti alle ricerche che si servono di cellule staminali embrionale.
E con questa intenzione partono anche i ragazzi, che si incontreranno a Milano dalle diverse regioni italiane e da lì si dirigeranno verso Strasburgo. L’impegno dei giovani inizierà proprio dal viaggio, in cui si stileranno gli emendamenti che verranno poi discussi nella simulazione di seduta parlamentare al Consiglio d’Europa, e dai quali deriverà un documento finale ufficiale.
Le giornate saranno organizzate secondo il seguente programma: dibattito tra i giovani e votazione sui temi del XXVI° Concorso Europeo “Uno di noi, la persona umana nel cuore dell’Europa”, cineforum alla Borsa di Strasburgo, Spiegazione delle dinamiche parlamentari europee presso la sala Schuman del Parlamento Europeo, incontro con le varie personalità europee: Dott. Leone Rizzo, funzionario DG Comm, On. Joseph Daul, presidente del gruppo del Partito Popolare Europeo, e naturalmente On. Carlo Casini, Presidente del MPV che vivrà le giornate con i giovani (ed è grazie a lui che è possibile quest’esperienza).
Non mancheranno  naturalmente i momenti di svago e di divertimento: passeggiate per i mercatini di Natale, visite alle famose cioccolaterie di Strasburgo o alla Petite France, giro della città in battello e non ultimo, anche se a conclusione del viaggio, la cena di gala al ristorante “Ancienne Douane”.
Insomma, non ci resta che mettere le ultime cose in valigia e… allons-y!

Giovanna Sedda
 
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