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Obiezione di coscienza e legge 194: l'eccezione alla regola.

In un clima d’antagonismo nei confronti dei medici obiettori, accostare il tema della laicità dello Stato a quello dell’obiezione di coscienza è divenuto un tabù, sul quale è concesso discutere solo in certi ambienti e a determinate condizioni. 

Oggi uno Stato autenticamente “laico” è quello che riconosce il diritto ad abortire e che tenta di circoscrivere il più possibile quello ad astenersi, come sembra emergere anche dalle considerazioni che hanno portato il Consiglio d’Europa ad accogliere il reclamo presentato alla Ong “International Planned Parenthood Federation European Network” che accusava l’Italia, a causa dell’alto numero di obiettori, di non garantire l’applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza.

La relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78 presentata al Parlamento il 13 settembre 2013 evidenzia come anche in Toscana, al pari di molte altre Regioni italiane, dal 1983 al 2011 il numero degli obiettori tra i ginecologi sia cresciuto dal 51% al 65,8%. Davanti a questi dati, il pubblico si divide e sembra prevalere chi afferma che siamo di fronte a una compromissione del diritto di ciascuna donna all’IVG. Ma c’è ancora chi sceglie il dibattito, chiamando a parlare esperti medici, legali e religiosi, come è avvenuto all’ospedale Careggi di Firenze dove, venerdì scorso, i ragazzi del Movit - l’associazione universitaria dei giovani del Movimento per la Vita - di Firenze e Siena e quelli del Movit dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo “Laicità dello Stato e obiezione di coscienza”.

L’incontro, moderato da Lucia Leoncini, magistrato ordinario in tirocinio, è iniziato ricordando il significato autentico di laicità dello Stato, che non significa “indifferenza”, ma piuttosto il riconoscimento di un’incompetenza degli organi pubblici a giudicare le istanze interiori del singolo e che implica, quale corollario a questa garanzia di non intromissione, l’imparzialità dello Stato medesimo. A seguire Francesco Zini, ricercatore di Filosofia del diritto dell’Università di Verona ha illustrato i profili tecnico-giuridici dell’obiezione di coscienza, ricostruendone la storia in qualità di “eccezione a una norma giuridica” ma che, in quanto prevista e disciplinata dalla legge, deve comunque essere adempiuta.

Tra i relatori, Jean- Marie Mupendawatu, segretario del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari ha richiamato i cattolici all’impegno in difesa della vita in tutte le sue fasi, portando ad esempio la lettera che nel 1990 l’allora re del Belgio Baldovino scrisse in occasione della sua sospensione dalla carica per evitare di controfirmare la legge che avrebbe legalizzato l’aborto nel suo Paese. In chiusura è intervenuta Donatella Nannoni, medico ginecologo. La dottoressa con la propria testimonianza ha evidenziato l’importanza di partire dall’esperienza per individuare i problemi di ogni singolo caso e per far emergere proprio dai bisogni della donna la soluzione migliore da adottare, nell’ottica di intraprendere insieme a lei una strada alternativa all’IVG. Emerge dunque un dovere del medico il quale, “in scienza e coscienza”, è chiamato a tentare di salvare il proprio paziente, per quanto piccolo, nascosto ed indifeso egli sia.

Eleonora Gregori Ferri.

L'aborto? Una violazione della Convenzione Europea

L'articolo “Abortion and the European Convention on Human Rights” recentemente comparso sull'Irish Journal of Legal Studies non lascia dubbi. 


Grégor Puppinck, PhD, direttore del ECLJ e responsabile della iniziativa dei cittadini europei "Uno di noi" ha condotto lo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista di Diritto disponibile on line (segui il link ). Lo scopo dello studio è mostrare l'inquadramento giuridico dell'aborto alla luce della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo (qui il testo italiano). Lo studio fa seguito a una serie di pronunciamenti della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo.

Lo studio dimostra che la Convenzione Europea non esclude affatto la vita prenatale dal suo raggio di applicazione e ovviamente non contiene, ne tanto meno istituisce, nessun "diritto all'aborto".  Sebbene molti Paesi UE ammettano l'aborto come deroga alla protezione della vita umana del bambino non ancora nato essi restano tuttavia soggetti alla Convenzione. La possibilità dell'aborto "a richiesta" è dunque una pratica che viola le norme europee.

La prova dei fatti ci mostra che tanto nella lettura della Convenzione tanto nella giurisdizione della Corte di Strasburgo, gli argomenti giuridici a sostegno della consuetudine di effettuare un aborto su semplice richiesta della donna sono molto deboli se non addirittura inesistenti. Al contrario lo studio mostra come il ricorso massiccio all'aborto sia il risultato del fallimento sistematico dei Paesi nel rispettare i loro obblighi per quanto riguarda i diritti economico-sociali.

Per approfondire la notizia visita il sito dell'iniziativa europea Uno di Noi: www.oneofus.eu

(Giovani Prolife)

Eutanasia: Kafka alla Corte Europea

La Svizzera ha norme indeterminate, vanno chiarite per capire chi bene chi può morire e chi invece può continuare a vivere... Secondo Strasburgo l'indeterminatezza creerebbe inutili angosce per i cittadini candidati -condannati- a morire.

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha invitato la Svizzera ha chiarire la sua posizione sull'eutanasia, senza voler entrare nel merito della questione, demandata alle legislazioni nazionali. Eppure a Strasburgo non hanno mancato di ricordare che il "diritto di un individuo a decidere il modo in cui vivere e a quale punto la propria vita deve finire [...] sia uno degli aspetti del diritto al rispetto per la propria vita privata".

La questione è stata approfondita da Antonella Mariani su Avvenire. La giornalista sottolinea l'approccio surreale, addirittura paradossale della sentenza: la Svizzera è colpevole di aver lasciato la cittadina Gross, desiderosa di morire, in un ingiustificato stato di angoscia dovuto all'indeterminatezza della norma che avrebbe dovuto consentirne la morte. Kafka oggi sarebbe uno scrittore di second'ordine.

Leggi l'articolo qui: http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/eutanasia-corte-strasburgo-chiede-di-rivedere-la-legge-alla-svizzera.aspx
 
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