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L’uomo è l’oggetto.

 L’uomo è un oggetto al pari degli altri da smontare e rimontare, da modificare e sperimentare. Così il trattamento che fino ad oggi era riservato al massimo alle cavie da laboratorio  riguarderà anche gli embrioni umani.

Il Regno Unito si prepara a dare il via libera alla ricerca su embrioni umani geneticamente modificati. Un via libera che permetterà attraverso il sistema dal “gene editing” di creare uomini geneticamente modificati, portando così la scienza ad un passo dalla creazione di una nuova umanità.
In passato alcuni scienziati cinesi della Sun Yat-sen University hanno condotto simili ricerche senza specificare in modo chiaro i protocolli seguiti e gli esiti ottenuti. 

Questa volta i ricercatori britannici guidati da Dr Kathy Niakan vogliono mettere in piedi una sperimentazione rigorosa su oltre 120 embrioni per una durata di sette anni. Il progetto ha appena avuto il primo permesso dall’autorità pubblica competente, la Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) oltre a raccogliere il plauso scontato del direttore del Francis Crick Institute che ospiterà l’esperimento. Ora è atteso il via libera da parte del comitato etico. Una volta ottenuto i primi test inizieranno a marzo  per l’estate il gruppo inglese conta di avere tra le mani il primo embrione geneticamente modificato.


Gli embrioni saranno destinati solo alla ricerca in laboratorio e non sono destinati all’impianto, rassicurano... Come se questo ne cancellasse l’umanità e la dignità. Al contrario sapere il loro impianto sarà negato in partenza non fa che aggiungere altre note stonate a un progetto già controverso. Fortunatamente in Italia il Comitato Nazionale di Bioetica l’embrione è un essere umano a tutti gli effetti e lo hanno ribadito anche i cittadini europei con la recente iniziativa Uno di Noi che ha chiesto alla Commissione Europea di conformare a questa verità le proprie politiche di finanziamento alla ricerca. Un anno fa Bruxelles si è rifiutata di ascoltare questo appello, chissà se cambierà idea oggi che è divenuto  ancora più urgente. 

TE

I bambini e il talco di Pollon.

Quando l'amore fa notizia: l'ordinaria fiducia nell'altro e un incontro inatteso ad alta quota.


Devo dire la verità, tutta la verità. All’inizio la notizia mi ha un po’ infastidita. La domanda era: davvero viviamo in una società in cui l’amore fa notizia? Eppure dovrebbe essere naturale. Dovrebbe essere normale che un uomo non si lamenti di una bambina autistica ma anzi la faccia giocare… poi ho messo da parte lo spirito iper critico che mi contraddistingue (purtroppo) e mi sono goduta appieno la bellezza dell’essere umano.

Questa settimana, diversi giornali, hanno riportato la notizia di Shannel, la mamma di Kate, una bimba autistica, che ha scritto una lettera al vicino di posto in aereo per ringraziarlo delle attenzioni che ha regalto a Kate.

La lettera inizia così: “Caro papà del sedile 16C”… è già questa cosa mi commuove. Sarà che sono un’inguaribile romatica ma 1. La donna scrive una lettera. Non una mail o un sms. Una vecchia e dolce lettera, in cui può dilungarsi nelle spiegazioni, in cui può manifestare I suoi sentimenti senza avere paura di essere troppo lunga. 2. La lettera è indirizzata a uno sconosciuto. In un mondo dominato dalla paura dell’altro, una donna scrive (i suoi sentimenti) a una persona che non conosce. Sì, l’umanità è proprio bella quando si mostra nel suo lato più fragile e sensibile, l’unico nel quale ognuno sii può riconoscere e l’unico che permette a propria volta di aprirsi senza reserve.
È doveroso e piacevole, riportare il testo in alcune suoi parti, senza commenti.

"Caro Papà,
Non so il tuo nome, ma mia figlia Kate ti ha chiamato "papà" per l'intera durata del nostro viaggio la settimana scorsa e tu non l'hai mai corretta. Infatti, non ti sei tirato indietro perché probabilmente potevi capire che lei non ti stava davvero confondendo con suo padre, ma stava testando la sua fiducia nei tuoi confronti. Se ti ha chiamato così, vuol dire che ha pensato che potevate andare d'accordo.

[…]Ho visto molte donne dall'aspetto rassicurante a bordo e ho sperato che fosse una di queste a occupare quel posto, ma tutte procedevano oltre. Per un attimo ho pensato che sarebbe potuto rimanere vuoto, ma poi ti ci sei seduto con la tua borsa e i tuoi documenti dall'aria importante e io ho avuto una visione, quella di Kate che rovesciava dell'acqua su questi contratti da milioni di dollari, questi atti immobiliari, o di qualunque cosa si trattasse. Quando ti sei seduto, Kate ha cominciato a strofinarsi sulle tue braccia. Le maniche della giacca erano morbide e le piaceva quella sensazione. Le hai sorriso e lei ti ha detto: "Ciao papà, questa è la mia mamma". Poi l'hai conquistata.
Avresti potuto sentirti a disagio su quel sedile. Avresti potuto ignorarla. Avresti potuto farmi uno di quei sorrisi che tanto disprezzo, quelli che significano "Gestisca vostra figlia, per favore". Invece non hai fatto niente di tutto ciò. Hai cominciato a chiacchierare con Kate, facendole quelle domande sulle sue Tartarughe Ninja. Lei non poteva risponderti davvero, ma l'hai fatta così innamorare, che manteneva il contatto visivo e l'attenzione sulla tua voce. Guardavo e sorridevo. Ho cercato anche di farti qualche domanda per distrarla, ma tu non volevi distrarti.
Kate: (dopo aver notato che avevi un iPad): È il computer di papà?
Tu: Si, è il mio iPad. Vuoi vederlo?
Kate: Io???? ( Avevo capito che Kate stava pensando che stavi chiedendole di mantenerlo)
Io: Guardalo soltanto, Kate. Non è il tuo.
Kate: Che bello!
Tu: (Notando che anche Kate aveva un iPad): Anche il tuo iPad è molto bello. Mi piace quel colore viola.
Kate: Papà, vuoi essere un ragazzo cattivo? (Porgendoti Shredder, il leader malefico tra le Tartarughe - e questo, amico mio, è un grande premio)
Tu: Fantastico!
Siete andati avanti a lungo e mai mi sei sembrato infastidito. Kate ti ha concesso anche un momento di tregua e si è messa a giocare con Anna ed Elsa, le sue bambole. Gentile da parte sua salvarti dalle Barbie, ma sono convinta che non ti avrebbe dato fastidio nemmeno quello. Scommetto che hai anche tu delle figlie.
Nel caso tu te lo sia chiesto, stava meglio quando siamo scese dall'aereo. Grazie per averci fatto passare avanti. Si sentiva schiacciata all'inizio e, uscendo, un grande e lungo abbraccio era proprio quello di cui aveva bisogno.
Quindi grazie. Grazie per non avermi fatto ripetere quelle solite frasi che solitamente dico alla gente che incontro quando sono con Kate. Grazie per averla intrattenuta. E per aver messo via le tue cose, i tuoi libri, per passare il tempo a giocare alle Tartarughe Ninja con la nostra bambina".

Mentre finivo di leggere la lettera pensavo. “Certo che solo i bambini possono riuscire nel miracolo di rendere il mondo più bello”. E, da una che crede ancora nelle favole, il volo pindarico è stato: “sarà mica che il talco del cartone animato Pollon ce l’hanno loro e lo usano per far sorridere i grandi?”. E siccome è bello credere nelle favole ma non rifiutando la realtà sono consapevole della nota dolente di quel “Grazie per non avermi fatto ripetere quelle solite frasi che solitamente dico alla gente che incontro quando sono con Kate”. In altre circostanze, questo mi avrebbe spinto a fare una critica sulla società intera, invece, (anche questo un “miracolo” di Kate?) per una volta mi sono limitata a godere della bellezza dell’essere umano e della Vita!

GS

UK: non è un paese per donne.

Allarme in Gran Bretagna: mancano all’appello tra 1.500 e 4.700 bambine. Lo squilibrio è causato dal ricorso all’aborto selettivo da parte dei gruppi etnici.

La pratica di scegliere se portare a termine la gravidanza o interromperla a seconda del sesso del nascituro, conoscibile alla 13a settimana, è particolarmente diffusa nei paesi asiatici come India, Pakistan, Cina e altri. Gli immigrati provenienti da questi hanno continuato a praticare l’aborto selettivo anche in sul suolo britannico generando un sensibile squilibrio demografico.

Secondo un’analisi condotta dal quotidiano The Indipendent sul “National Census” mancano nel regno tra 1.500 e 4.700 bambine, nonostante nel paese l’aborto selettivo basato sul sesso sia illegale. Il dato rilevante, sottolinea il giornale, è che il rapporto dei maschi e delle femmine nei nuovi nati è distorto proprio nelle famiglie degli immigrati. (leggi qui l’articolo originale).

Il fenomeno della selezione femminile è noto e rappresentala frontiera delle discriminazioni di genere. Già vent’anni fa il premio Nobel indiano Amartya Sen aveva lanciato l’allarme sulle “missing women”: secondo la sua stima nel 1992 nel mondo mancavano oltre 100.000.000 di donne! (per saperne di più puoi leggere questo approfondimento ).

La ricerca ha inoltre evidenziato che nei gruppi etnici sensibili la presenza di una prima figlia femmina è associata alla presenza di un secondo figlio maschio ben oltre le normali previsioni statistiche. Il dato emerso lascia ipotizzare il ricorso all’aborto selettivo per assicurare la presenza di un figlio maschio nel nucleo familiare. Per lo statistico Anagnostopoulos dell’Imperial College di Londra un simile risultato “in assenza di una teoria migliore, può essere interpretato come una prova del ricorso all’aborto selettivo”.

TE/Giovani Prolife


Scandalo nel Regno Unito: quando la diagnosi è sbagliata.

Diagnosi errate e donne spinte ad abortire, ma i loro figli erano sani e non c'era alcun rischio per la salute delle mamme. Un problema ricorrente anche in Italia.


L’ospedale dell’Università del Galles è finito al centro della bufera. Secondo un recente denuncia centinaia di mamme hanno ricevuto diagnosi errate per i figli che portavano in grembo e sono state spinte all’aborto, ma i bambini erano perfettamente sani. Ad alzare il velo dell’omertà è stata Emily Wheatley, una mamma incinta di nove settimane che ha ricevuto l’ennesima diagnosi errata.

Emily arriva all’ospedale universitario della città di Cardiff per un'ecografia di controllo quando i medici le dicono che il bambino che portava in grembo era morto e che sarebbe stato, conseguentemente, necessario un aborto per rimuovere il corpicino. La diagnosi sconvolgente si è però rivelata totalmente sbagliata quando l’esame è stato ripetuto in una seconda clinica dove la mamma si era recata per effettuare l’evacuazione uterina.

L’esito stavolta è stato opposto: il bambino era vivo e senza alcun problema di salute. Immediata è scattata la denuncia al “Public Services Ombudsman”, l’autorità inglese competente che ha prontamente iniziato una inchiesta. Peter Tyndall, dell’Ombudsman del Galles, parla di “errore inaccettabile” e di “Pratiche cliniche di ostetricia sono stati potenzialmente difettose”.

Dai primi accertamenti emerge che la clinica universitaria applica un protocollo diagnostico incompleto e fuorviante che ha certamente portato a numerose diagnosi sbagliate con altrettanti aborti motivati da problemi inesistenti. Secondo quanto riporta il Dayly Mirror la deputata laburista Ann Clwyd non si è affatto stupita dello scandalo e ha dichiarato l’urgenza di “una indagine estesa sulle carenze del sistema sanitario nazionale nella regione del Galles”.

Il quotidiano inglese inoltre ricorda che il rischio delle diagnosi errate è del resto conosciuto. Proprio un team di ricercatori inglesi (Imperial College di Londra) nel 2011 ha detto che il problema della diagnosi errata della morte del feto riguarda oltre 400 donne l’anno. Il problema delle diagnosi errate esiste anche in Italia e questo episodio rimette al centro dell’attenzione la difesa della vita sin dal concepimento e l’importanza di battersi per la vita in ogni situazione.

(Giovanna Sedda)





Il protocollo Liverpool, la via britannica all’eutanasia.

Definito senza mezzi termini come un sistema per tagliare i costi della sanità pubblica, dopo scandali e casi di malasanità, il trattamento britannico per i pazienti in stato terminale continua ad alimentare le polemiche. 


Ufficialmente, il suo nome per esteso è ‘Liverpool Care Pathway for the Dying Patient‘, conosciuto ai più per il più corto e forse tranquillizzante ‘Liverpool Care Pathway’ (Lcp), è il controverso programma per il fine-vita della sanità pubblica del Regno Unito. Dopo essersi macchiato di numerosi casi di malasanità ed aver alimentato per anni le polemiche, su richiesta del ministro della salute Norman Lamb, una relazione indipendente recentemente pubblicata, ha suggerito, –con vaga ironia- di lasciar lentamente morire il programma per il fine-vita nei prossimi 6-12 mesi, almeno per quanto riguarda l’Inghilterra. Dopotutto, come è stato rilevato, le ragioni non mancano.

Infatti, numerosi sono stati i casi diventati oggetto di cronaca di pazienti inseriti nel mortifero protocollo e deceduti, senza che né a loro né ai familiari fosse stato chiesto il consenso. E molti di più, -fino a 60mila ogni anno- sono coloro che hanno condiviso –e continuano a condividere- la stessa sorte nel silenzio generale. Nella fattispecie, la mancanza di comunicazione –involontaria, si suppone- tra lo staff medico ed i propri pazienti è stata esplicitamente citata nel rapporto, come uno dei problemi cardine del protocollo. In alcuni casi, è stato riportato, l’abuso del Lcp –o la mancanza di comunicazione-, è arrivato sino all’inclusione nel trattamento di pazienti coscienti, il cui stato non era assolutamente terminale.

Dubbi di tipo scientifico sono stati inoltre sollevati, sulla possibilità di poter determinare la data della morte imminente di un paziente. Mentre una stima relativamente precisa è possibile per i malati di cancro, in altre circostanze diventa, come è stato definito dal professor Patrick Pullicino, “nella migliore eventualità, un educato tiro ad indovinare”, che non a caso, si è spesso rivelato tale. L’impossibilità di definire con certezza quando il malato è nelle sue ultime ore di vita, va da sé, rende quantomeno controverso l’utilizzo del trattamento, che consiste nella sedazione e nella sospensione di medicine, alimentazione ed idratazione. Numerosi sono stati infatti i casi in cui, pazienti la cui dipartita era stata definita come quanto più prossima, si sono trovati lasciati morire per giorni. Emblematico è il caso di Andy Flanagan, portato agli onori della cronaca, dopo che giudicato morente ed irreversibile in seguito ad un infarto, è stato sottratto dalla famiglia al Lpc, riuscendo poi a riprendersi.

Tra le altre cose, il rapporto ha esplicitamente fatto riferimento al sistema di incentivi economici di cui godevano gli ospedali per ricorrere a tale protocollo. La netta sensazione, emersa più volte già in passato, è che spesso Lcp, venga utilizzato senza eccessivo discernimento, al solo scopo di incassare i contributi – motivo per cui, nella relazione se ne consiglia l’abolizione, negando naturalmente che ciò sia mai accaduto.

In conclusione, se è probabile che il Liverpool Care Pathway finisca presto per venir cestinato, alla luce degli scandali degli ultimi anni ed in particolare, delle gravi mancanze evidenziate dal rapporto, ci si illude se si spera in un cambio di politica per quanto riguarda il fine-vita nel Regno Unito. Un sistema come quello del protocollo Liverpool, definito da alcuni medici ed esperti, come un comodo metodo per tagliare i costi e liberare i letti, verrà verosimilmente sostituito da un altro sistema, forse più discreto, ma altrettanto intrinsecamente sprezzante della dignità della vita umana.



Nicola Bocola

Regno Unito: è giusto abortire le femmine.

Così ha dichiarato la dirigente della più grande clinica per aborti della nazione. Senza curarsi delle reazioni.


Portare all’estremo un ragionamento sbagliato può avere un esito addirittura paradossale. La direttrice del principale ambulatorio per aborti del Regno Unito ha recentemente dichiarato che “è giusto che una donna abortisca perché il nascituro è femmina”, questo perché “O accettiamo fino in fondo ogni scelta della madre, oppure no”. Senza volerlo Ann Furedi ha così messo alla luce una delle tante irrazionalità delle posizioni pro-choice.

Nel ragionamento della direttrice britannica l’aborto è un essenzialmente una scelta, in cui la tutela della salute fisica e psichica della madre è ridotta ad un mero pretesto, quel che conta non è la tutela della donna, ma la sua semplice volontà sic et sempliciter. La dichiarazione della Ferudi riportata da Benedetta Frigerio su Tempi.it continua ipotizzando il caso in cui “il sesso del figlio danneggia la salute mentale della donna che non lo accetta”. Così mentre ci preoccupavamo della tremenda discriminazione provocata dall’aborto selettivo nei confronti delle donne in paesi come la Cina, l’India  o il Pakistan è il fior fiore del femminismo a dirci che è tutto legittimo (leggi il post a riguardo qui).


La scelta viene prima di qualsiasi cosa, senza riguardo alle motivazioni in cui può nascondersi il vero disagio della donna. La scelta viene prima anche del buon senso e del senso di umanità che potrebbe far vacillare eventuali prochoice irretiti di fronte a quella che è una esplicita discriminazione sessuale. La Ferudi mette in guardia i più titubanti: “Non puoi essere pro choice, salvo quando la scelta non ti piace”. Vietato fermarsi, vietato avere ripensamenti, essere prochoice è roba per gente davvero convinta. Convinti loro...

Leggi l'articolo su www.tempi.it

(TE)

Esme: bambina sfida la statistica dell'1%

La storia della neonata che tutti consigliavano di abortire. Ma grazie all'amore dei genitori è nata contro ogni statistica e ogni parere medico. Ce la racconta Benedetta Frigerio su Tempi.it

La giornalista prende spunto dall'intervista della mamma Barret al Daily Mail per raccontarci una storia di straordinario ordinarietà: una mamma che vuole veder nascere la sua bambina. Anche se i medici "Partivano sempre già sconfitti e così le hanno anche creato problemi ulteriori". 

Alla bambina a cui da subito viene data una percentuale di sopravvivenza dell'1% vengono addirittura negate le cure necessarie a fronte delle continue insistenze perché venisse abortita. Esponendo così la piccola ad ulteriori complicazioni: "Erano convinti che me l’avrebbero data in braccio e che sarebbe subito morta. Ma piangeva, non ci potevano credere". 

Oggi, otto mesi dopo tutto questo, ancora non si sa se la bimba dovrà subire altri interventi. Certo, conclude la madre, «se mi avessero ascoltata prima, avremmo potuto evitare anche tutto questo». Così alla straordinarietà della storia di Esme si affianca l'ottusità di quanti nascondono anche l'evidenza della dignità e della sacralità della vita umana un qualsiasi condizione.

(Giovani Prolife/Giovanna Sedda)

Stiamo facendo abbastanza per la vita?


La tutela del concepito, come del malato terminale, sono una parte integrante per un servizio integrale alla persona. Cosa si fa, cosa manca, quali strade percorrere.

Ma quanti bambini ci sono in Inghilterra! 

La presenza di bambini piccoli, inferiori ai 5 anni, è assolutamente tangibile. Per ogni strada, in ogni via, vedi mamme con le carrozzine, papà con i bambini piccoli sui portabebè, nonne che portano dei barcollanti nipotini prendendoli per le manine. Piccoli occhi azzurri che ti guardano come se fossi la cosa più strana del mondo.

In Inghilterra i figli si fanno. […] Il tasso di natalità nel Regno di Sua Maestà Britannica è di 12 nascite per 1000 abitanti. Il che vuol dire che il 6% della popolazione ha meno di 5 anni. E in Italia? In Italia il tasso di natalità è appena 9 su 1000 abitanti. Solo il 4,5% della popolazione ha meno di 5 anni. Una differenza di poco conto?

Non è vero. Perché invece il nostro tasso di mortalità è di 10 contro il 9 della Gran Bretagna. Quindi: facciamo meno figli, e ci sono più morti. Ma questi dati potrebbero essere ininfluenti. Fatevi un giretto per Londra: vedrete quanti giovani ci sono, tutti pimpanti quarantenni. Anziani, molto pochi. Bambini, tanti.

Poi fate un giro per la vostra città, e sappiatemi dire. L'approdo della mia riflessione non è però una preoccupazione solo algebrica, o di statistica demografica. A volte penso infatti: noi facciamo molto contro l'aborto. Ma facciamo abbastanza per la vita?

(leggi di più su SALTOVITALE)
 
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